Il Sapiens arcaico e l’Heidelbergensis, da cui discendono tanto i Neanderthal che i nostri diretti antenati, dovevano già possedere anche una primitiva forma di linguaggio, non ancora adatta alla comunicazione ma limitata all’associazione di espressioni vocali a determinate situazioni di vita quotidiana.  

Era fondata convinzione tra i ricercatori che la capacità di linguaggio fosse nata contestualmente alla evoluzione anatomica del cavo orale con il riposizionamento della laringe, tra la faringe ed i polmoni, considerando che questo fosse un fenomeno tipicamente umano. Recenti scoperte effettuate da scienziati dell’Università di Kyoto, utilizzando la risonanza magnetica, hanno osservato lo stesso sviluppo formale in giovani scimpanzé.

Oggi si propende a considerare che la conquista del linguaggio sia avvenuta in due tempi: prima lo sviluppo del cavo orale avvenuta in un antenato comune di ominidi e scimpanzé e successivamente il progressivo aumento della mobilità della lingua che consente la modulazione del suono per eseguire vocalizzazioni complesse.

Il linguaggio primitivo, maturato nel corso di millenni, non era ancora adatto al trasferimento  inter tribale e generazionale della cultura e delle tecnologie associate. Questa trasmissione avveniva esclusivamente per emulazione. L’efficacia di questo tipo di comunicazione ha tuttavia consentito l’avvio dell’evoluzione culturale anche se ha richiesto tempi molto lunghi.

Il bagaglio culturale ereditato dai Sapiens-sapiens al momento della loro origine non consente però di comprendere la successiva impennata evolutiva né il ritardo progressuale dei Neanderthal che pure li avevano preceduti  di circa 100.000 anni.

L’opinione più diffusa è che l’evoluzione culturale sia dipesa dallo sviluppo congiunto del linguaggio, della capacità di elaborazione simbolica e dell’organizzazione  neuronale ad essa deputata. La fondatezza di questa opinione è facilmente verificabile se consideriamo che l’uomo moderno ha così profondamente assorbito l’elaborazione simbolica da non riuscire più a pensare, ricevere o trasmettere informazioni senza ricorrere alle parole od a simboli.

Abbiamo visto che l’apparato vocale si era opportunamente sviluppato e che la lingua stava acquisendo la mobilità necessaria alla articolazione di suoni complessi; ma un conto è disporre di uno strumento altro discorso è saperlo usare.

 

Anche le connessioni neuronali nel cervello crescevano intorno alle aree sedi del linguaggio. L’area di Broca nell’emisfero sinistro, presiede alla espressione del linguaggio, mentre l’area di Wenicke, collegata all’area di Broca dal fascicolo arcuato, è deputata alla comprensione del linguaggio tramite interconnessioni associative con le evocazioni della memoria. Non è chiaro se queste aree si siano sviluppate indipendentemente o se la loro crescita sia stata determinata dall’evolvere del linguaggio.  

Oggi si ipotizza persino, seguendo le idee di Noam Chomsky, che l’area di Broca abbia una struttura che organizza naturalmente la cosiddetta Grammatica Universale; tuttavia, anche se così fosse, non implica che l’origine di questa struttura sia stata indipendente dalla formazione del linguaggio anziché una sua conseguenza.

La connessione tra antropologia fisica e antropologia culturale, tra noi e le linee evolutive che ci hanno preceduti per motivare l’evoluzione intellettuale, viene a questo punto a mancare perché non è chiaro come apparato vocale e centri nervosi specializzati abbiano potuto concorrere per formare il linguaggio.

Più in dettaglio occorre capire come sia possibile creare le parole che costituiscono la base del linguaggio.

La parola è una successione di fonemi a cui è assegnato un significato simbolico. In altre parole il suono della parola richiama l’immagine di un oggetto o di un concetto noti. Affinché si possa comunicare attraverso la parola è necessario che questa assuma un significato oltre che simbolico anche convenzionale cioè comune agli individui tra i quali la comunicazione deve fluire.

Per noi oggi è facile coniare una parola per un oggetto od un concetto nuovi perché possiamo appoggiarci ad un substrato linguistico che per successive analogie si collega ad elementi conosciuti permettendo la costruzione del significato del nuovo termine.

Ma quando manca un substrato linguistico e la sottostante cultura non è possibile fare riferimento a conoscenze precedenti per costruire un nuovo valore convenzionale. Vediamo allora di formulare una ipotesi attendibile per spiegare la successione degli eventi che hanno determinato la nascita del linguaggio.

Assegnare un nome convenzionale, un valore simbolico ad una successione di suoni,  per un oggetto è abbastanza facile a condizione che l’oggetto sia visibile a tutti i soggetti interessati, dopo di che quella parola avrà il potere di richiamare l’immagine dell’oggetto per tutti gli individui che l’hanno visto.

Altro discorso vale per le parole che debbono definire un concetto che anziché riguardare un oggetto materiale deve definire una serie di atti che non hanno un corrispondente reale.

Vediamo di fare un esempio pratico.

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