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     figtitolo.gif (4762 byte)      LO SPAZIO QUANTISTICO          

Aldo Piana           

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INDICE e Guida di consultazione

1) LA TEORIA DELLO SPAZIO QUANTISTICO

2) LA STRUTTURA DELL’UNIVERSO: SISTEMI COMPLESSI E LORO GERARCHIE

3) LA TEORIA DELLA RELAZIONE

4) LA MASSA NELLO SPAZIO QUANTISTICO: ed i suoi EFFETTI RELATIVISTICI

5) GLI EFFETTI SORPRENDENTI DELLA RELAZIONE: L’EQUIVALENZA ADIMENSIONALE , L’AZIONE A DISTANZA SPETTRALE, L'INVARIANZA DI SCALA

6) CONCLUSIONI: PROSPETTIVE E CONSEGUENZE DELLO SPAZIO QUANTISTICO

SECONDA PARTE : Indice degli argomenti

7) I PARADOSSI DELLA COSMOLOGIA

8) LO SPAZIO QUANTISTICO E LA GEOMETRIA EUCLIDEA

9) LO SPAZIO-TEMPO NELLO SPAZIO QUANTISTICO

10) I SISTEMI COMPLESSI NELLO SPAZIO QUANTISTICO: DAL "RIDUZIONISMO" ALLA "EMERGENZA"  -  I SISTEMI CAOTICI E DISORDINATI  -  NATURA E LIMITI DELLA CASUALITA'

11) UN ESPERIMENTO FONDAMENTALE: PROPAGAZIONE DELLE OSCILLAZIONI DI CAMPO

12) RED-SHIFT GRAVITAZIONALE

13) FENOMENI ASTROFISICI NELLO SPAZIO QUANTISTICO

TERZA PARTE : Indice degli argomenti

14) LA "MASSA FANTASMA" DEL FOTONE

15) LA COSTANTE DI HUBBLE E' UN MIRAGGIO?

16) LA MECCANICA DEI QUANTI NELLO SPAZIO QUANTISTICO

17) LA MATERIA OSCURA

18) VIAGGI NEL TEMPO

19) LA CONFIGURAZIONE GEOMETRICA DELLO SPAZIO

20) IL COEFFICIENTE COSMOLOGICO

QUARTA PARTE : Indice degli argomenti

21) LE ONDE GRAVITAZIONALI

(Alla HOME PAGE)

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Aldo PIANA   -   Corso Monte Grappa n. 13   -    10146  TORINO  (Italy)

E-Mail:  aldo.piana@fastwebnet.it

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LA TEORIA DELLO SPAZIO QUANTISTICO

(All’INDICE)    

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Nel lungo cammino percorso dall’uomo alla conquista della conoscenza il concetto di spazio, creazione fondamentale della nostra immaginazione ad integrazione dei processi di formazione del pensiero figurato, ha mantenuto, fino a non molti anni fa, la costante connotazione di astratto volume vuoto.

In questa forma si è tanto radicato nella nostra mente che si incontrano seri ostacoli alla comprensione di una eventuale consistenza reale, o comunque diversa dal vuoto assoluto, dello spazio fisico.

Con le teorie ondulatorie, progenitrici della fisica moderna, ci si rese conto che lo spazio inteso come volume vuoto non consentiva di spiegarne i fenomeni in termini a noi comprensibili. Nel tentativo di superare le insorte difficoltà concettuali fu proposta la teoria dell'etere che in breve dovette essere abbandonata non avendo trovato alcuna conferma nelle esperienze di Michelson e Morley. La teoria dell'etere, che postulava lo spazio vuoto occupato da una sorta di fluido, non alterava il concetto ancestrale ma con esso poteva integrarsi senza conflitti.

La teoria della relatività cambia lo spazio in modo radicale. I concetti di curvatura dello spazio e di spazio-tempo attribuiscono allo spazio una più diretta partecipazione alla costruzione dell’universo. In altri termini lo spazio non è più un semplice contenitore vuoto ed inerte ma diventa parte integrante dell’universo insieme a materia ed energia.

Il cambiamento è però soltanto apparente perché lo spazio einsteniano continua ad essere considerato rigorosamente vuoto.

Nella realtà la curvatura attribuita allo spazio dipende dai campi presenti nello spazio e non da quest’ultimo così come le distorsioni temporali dipendono esclusivamente dalla velocità degli oggetti in movimento in rapporto alla velocità luminale, finita, invariabile ed insuperabile; inoltre nessuna ipotesi motiva meccanismi atti a consentire l’interazione tra campi e spazio o tra tempo e spazio.

L’improprio coinvolgimento relativistico dello spazio vuoto ha costituito, a mio avviso, un grosso ostacolo alla diffusione della relatività ponendo quest’ultima in aperto conflitto con le nostre capacità concettuali.

In tempi più recenti le teorie quantistiche postulano tutte, in qualche modo e con le più diverse impostazioni, uno spazio non più del tutto vuoto: dalla configurazione dello spazio che discende dal principio di indeterminazione di Heisenberg, alle idee di Dirac che ipotizzano uno spazio occupato da un "mare" nel quale coppie di particelle virtuali possono originare elettroni e positroni di brevissima vita, allo spazio configurato dalle ipotesi di Higss, fino alla proposta recentissima di un gruppo capeggiato da Abhay Ashtekar di uno spazio ad anelli, avanzata per trattare la gravitazione come fenomeno quantistico, tutti sembrano concordare almeno sul fatto che lo spazio deve contenere molto più di quanto sino ad ora si è supposto. Senza dimenticare che lo spazio risulta anche occupato, secondo le rilevazioni degli effetti gravitazionali prodotti, da una quantità di materia oscura di natura ignota dieci e più volte maggiore di quella direttamente osservata.

Esigenze cosmologiche sollecitano inoltre ipotesi sempre più azzardate per motivare le interazioni materia-energia nei primi istanti di vita dell’universo, per la formazione di materia piuttosto che di antimateria o almeno la formazione di quest’ultima in quantità minore, per spiegare l’origine delle concentrazioni di materia da cui nascono stelle e galassie a partire da un universo isotropico.

Ne deriva una fioritura di ipotesi, spesso esteticamente affascinanti, di fluttuazioni mutuate da stati eccitati ed inversioni di fase, di corde e stringhe di elevatissima densità capaci di modellare l’espansione a partire dal big-bang, di universi pluridimensionali o di universi paralleli.

Tutta la ricerca più avanzata ruota comunque sempre intorno allo spazio; ma non si è ancora riusciti a superare definitivamente il concetto astratto di spazio vuoto per separarlo da quello di uno "spazio" fisico reale che potrebbe occuparlo totalmente, né a concepire uno scenario nel quale possano manifestarsi ed accordarsi tutti i meccanismi dei fenomeni fisici osservati.

Ne consegue che continuiamo a trovarci nell'imbarazzante situazione di dover confrontare la nostra esperienza con un interlocutore di cui avvertiamo tutta l'influenza ma la cui natura resta del tutto sconosciuta.

Lo spazio fisico, sulla cui natura lo studio pare affrontato con una certa ritrosia, si prospetta invece, costituendo l’ambiente comune, come l’unico possibile anello di congiunzione di tutti i fenomeni osservati o previsti dalle teorie. Senza uno spazio fisico che le inglobi fisica classica, relatività, meccanica quantistica, cosmologia, non ostante le conferme ed i successi ottenuti singolarmente, risultano ancora troppo spesso in assurdo conflitto tra di loro.

Il tentativo di cercare nello spazio il comune terreno di intesa tra le varie discipline scientifiche merita pertanto tutti i nostri sforzi; tanto più se si considera che può risultare di aiuto sia per rispondere ai molti interrogativi ancora aperti,1) (alle NOTE)  od a quelli che ancora non ci siamo posti, sia per superare le acrobazie intellettuali che la nostra intelligenza é costretta ad affrontare per comprendere le idee più avanzate.

Per trovare un raccordo tra le varie teorie fisiche ed il loro adattamento alla nostra logica, ho provato allora a formulare una serie di ipotesi che fossero in grado, a partire da una idea di base sulla natura dello spazio fisico, di adattare le idee correnti su un modello di universo capace di integrarle.

Il risultato del mio lavoro pare aprire sviluppi molto promettenti e mostrare una capacità descrittiva globale fino ad ora mai conseguita. Per giunta questa si accorda più facilmente con le modalità operative proprie della nostra intelligenza.

Ad ulteriore indiretta conferma, il raccordo delle varie teorie attorno al modello proposto permette di comprendere l'origine di molti dei motivi di attrito che si sono riscontrati fino ad oggi e di intravederne il superamento.

L’ipotesi di base sulla natura dello spazio è nata dalla constatazione che tutto quanto noi osserviamo, materia od energia, risulta composto da elementi discreti, da quanti. In questo panorama l'unico elemento considerato continuo, e potrebbe anche risultare paradossale, è lo spazio fisico 2) (alle NOTE)  .                 

Provando a rovesciare l'interpretazione delle nostre osservazioni ed ipotizzando che sia invece proprio lo spazio fisico ad essere costituito da quanti, da particelle discrete anziché continuo, esso pare assumere una struttura più coerente con la nostra esperienza.

Ma per accettare una simile configurazione occorre preventivamente risolvere alcuni problemi.

Se lo spazio della nostra memoria, quel volume vuoto nel quale si dovrebbero muovere liberamente particelle atomi e stelle risulta totalmente occupato dallo spazio quantistico, occorre trovare una possibile collocazione per gli oggetti della nostra esperienza ed ipotizzare modalità che consentano la dinamica da essi manifestata.

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(Ved. le fig. 1A - 1B - 1C che propongono una plausibile struttura dello spazio quantistico. Le figure 1D ed 1E riportano invece le immagini di onde di densità superficiale rilevate al microscopio elettronico a scansione ad effetto tunnel che sembrano confermare una disposizione planare ad esagoni che ben si adatta alla distribuzione ipotizzata dei quanti di spazio).

E’ però bene precisare che lo spazio quantistico non deve essere inteso come una riedizione, magari riveduta e corretta, del "fluido" ipotizzato dalla teoria dell’etere. Quest’ultimo rappresentava soltanto un ipotetico mezzo, passivo ed ininfluente, nel quale energia e materia risultavano immerse con la possibilità di muoversi con alcune manifestazioni coerenti con le nostre osservazioni.

Lo spazio quantistico si propone invece come il principale protagonista nel nostro universo avendo come controparte, ma con ruolo di "guest stars" 3)  (alle NOTE) , energia e materia, i concetti delle quali dovranno, come vedremo, essere parzialmente rivisti.

Nello spazio quantistico così ipotizzato dovrebbero però coesistere in uno stesso volume quanti di spazio e quanti materiali ed il movimento di questi ultimi in un mezzo non più vuoto potrebbe risultare fortemente ostacolato se non addirittura impossibile.

Per conciliare la coesistenza di quanti materiali e quanti di spazio in uno stesso volume compare una via d'uscita se forziamo la nostra ipotesi sino a considerarli aspetti diversi di una unica entità.

Occorre allora trovare cosa possa distinguere il quanto di spazio dalla particella materiale, come avvenga il passaggio tra i due stati e come possa avvenire il movimento di cui particella materiale o quanto di energia appaiono dotati.

Avendo però supposto che quanto di spazio e particella materiale siano aspetti diversi di una unica entità, diventa quasi automatica l'ipotesi che il quanto di spazio cambi stato per diventare particella materiale, o parte di essa, nel momento in cui diviene sede di una quantità discreta di energia.

Il movimento delle particelle materiali e dei quanti che mediano il trasferimento dell'energia, e la loro stessa esistenza, risultano allora del tutto apparenti. E' l'energia che spostandosi tra i quanti di spazio li rende percepibili tanto ai nostri sensi come ai nostri più sofisticati strumenti, quasi li "illuminasse" o, per usare un termine più consono alle nostre concezioni li "materializzasse", lungo il suo percorso.

Nel prosieguo del discorso continuerò comunque a parlare, per abitudine invalsa e convenzione usando la potenzialità di un linguaggio collaudato, anche di oggetti o di particelle in movimento.

Ma occorrerà aggiornare il significato del linguaggio convenzionale per tenere presente che nello spazio quantistico anche il movimento risulta quantizzato non essendo possibile nella forma che noi abbiamo sempre inteso e cioè come reale spostamento di un oggetto tra due luoghi diversi con la temporanea presenza in ogni posizione intermedia.

Il movimento quantistico è rappresentato dallo spostamento dell’energia su quanti di spazio statici o, almeno provvisoriamente, supposti tali: la particella, o le particelle componenti l’oggetto, scompaiono dalla posizione iniziale in cui sono stati osservati per ricomparire in una prima posizione intermedia posta a distanza finita e così di seguito sino a raggiungere la posizione finale; nell’intervallo tra le posizioni intermedie oggetto o particella non sono più osservabili come tali e sono rilevabili soltanto sotto forma di onde. La dualità onda-particella conferma questo comportamento della materia. Più oltre, quando parleremo di sistemi ed oggetti complessi vedremo da cosa essi siano in realtà costituiti e quale è il costituente che si mantiene durante il movimento anche negli intervalli in cui le particelle che lo compongono sono rilevabili soltanto in forma di onda.

Ipotesi di questo genere sarebbero però soltanto idee fantascientifiche, bislacche ed inutili, se non risultassero in accordo con le teorie convalidate dall'esperienza sin qui maturata.

Vediamo allora come rileggere la storia della fisica e della cosmologia per trovare quegli indizi che le possono suffragare. Ma prima ancora di cercare possibili correlazioni nei particolari occorre ancora rispondere ad un paio di domande di carattere generale:

Lo spazio quantistico così come è stato ipotizzato presenta delle incompatibilità macroscopiche con le teorie, tanto quelle considerate classiche quanto le più avanzate, e con le nostre osservazioni?

La materia intesa come interazione tra quanto di spazio ed energia potrebbe provocare delle distorsioni rilevabili dai nostri strumenti, influenzare i risultati dei nostri calcoli o richiedere la necessità di riformulare le nostre idee?

La risposta a queste domande è un NO categorico.

La vera natura della materia è assolutamente ininfluente sulle nostre rilevazioni per la semplice ragione che esse sono effettuate da strumenti materiali, oltre che dai nostri sensi, posti nelle identiche condizioni degli oggetti delle nostre osservazioni 4) (alle NOTE) . Neppure i nostri calcoli possono essere influenzati in qualche modo poiché si applicano a parametri analoghi e ad oggetti confrontabili di cui possono correlare i differenti valori senza entrare nel merito della loro reale natura 5) (alle NOTE) .

Consegue a quanto detto che lo spazio quantistico non impone alcuna modifica alle leggi fisiche determinate nell'ambito dello spazio fisico classico (se tale possiamo chiamare una entità multiforme dai contorni non ben definiti), al contrario le conoscenze acquisite in campo scientifico possono beneficiare di un comune terreno di intesa e possono compiere un considerevole salto di qualità dal punto di vista concettuale.

Alla conclusione di questo articolo vedremo quali promettenti prospettive per lo sviluppo futuro delle nostre conoscenze potranno essere aperte dallo sviluppo di queste idee, ovviamente se saranno confermate da alcuni esperimenti basilari per i quali avanzerò anche qualche proposta.

Ora è venuto il momento di prendere in considerazione i vari indizi che possono rendere plausibile l'ipotesi della natura quantistica dello spazio.

Per rilevare questi indizi è necessario procedere ad una rilettura comparativa a tutto campo delle nostre cognizioni scientifiche che, per essere sviluppata a fondo, richiederebbe un lavoro considerevole; è tuttavia possibile procedere per campionamento su una serie di elementi di maggiore evidenza e di più immediato riscontro.

Cominciamo allora a considerare come possano collocarsi le particelle subatomiche nello spazio quantistico.

Al momento noi conosciamo una miriade di particelle ed antiparticelle, tutte, ad eccezione di due, dotate di uno straordinario trasformismo. Le uniche particelle stabili sono l'elettrone, apparentemente privo di struttura interna e con vita media che si suppone infinita, ed il protone con struttura interna costituita da quark, per il quale si ipotizza una vita media che le ultime stime collocano come limite inferiore attorno ed oltre i 1040 anni. Fino ad ora però non è stato ancora osservato alcun decadimento che possa essere attribuito al protone con un minimo di attendibilità.

A cominciare dal neutrone, che all'interno del nucleo atomico risulta stabile con vita media corrispondente a quella del protone mentre ha una vita media intorno ai 10 minuti allo stato libero, tutte le altre particelle hanno vite medie molto brevi e decadono secondo modalità sovente solo statisticamente prevedibili.

Allo stato libero, il neutrone, che ha una struttura interna costituita da tre quark, decade in un elettrone, un protone ed un antineutrino. Nel decadimento del neutrone i tre quark che lo costituiscono sono coinvolti nella trasformazione dovendo trasferire la loro energia su cinque particelle, i tre quark del protone, l’elettrone e l’antineutrino. Particelle che appaiono e scompaiono lasciando inalterata la quantità totale di energia dei sistemi in trasformazione quale scenario migliore dello spazio quantistico potrebbero avere?

La popolazione di particelle note, probabilmente destinata ancora ad accrescersi in parallelo all'incremento delle energie utilizzate negli esperimenti con i moderni acceleratori, non solo risulta coerente con lo spazio quantistico ma solo in questo sembra trovare una razionale spiegazione.

Nello spazio quantistico la particella può essere ipotizzata come risultato dell'interazione dell’energia con uno o più quanti di spazio 6) (alle NOTE) ; il quanto di spazio interessato potrebbe essere uno solo per particelle che appaiono prive di struttura interna quali leptoni, quark e bosoni intermedi, mentre per particelle che risultano dotate di struttura interna quali barioni e mesoni più quanti di spazio, non necessariamente adiacenti e distribuiti in un determinato volume, potrebbero essere coinvolti nella trasformazione indotta dall’azione dell’energia.

Le caratteristiche della particella risultante da questa interazione dipendono dal tipo e dalle caratteristiche della quantità discreta di energia che occupa la regione di spazio in cui la particella si manifesta.

Ma è possibile formulare una ipotesi ancora più suggestiva. Nemmeno le particelle apparentemente prive di struttura interna, quindi anche i quark e forse gli elettroni, sarebbero costituite da un solo quanto di spazio bensì da un gruppo di quanti vicini o adiacenti. Quest’ultima ipotesi parrebbe trovare già parziale conferma in recenti esperimenti compiuti al Fermilab al limite delle più alte energie raggiungibili ove sembrano apparire i preoni come costituenti dei quark.

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I preoni potrebbero avere una disposizione a tetraedro (che risulta il raggruppamento tridimensionale più semplice dei quanti di spazio, ved. Fig. 2) e le caratteristiche della particella essere determinate anche soltanto dalla combinazione dei movimenti reciproci. La apparente mancanza di struttura interna mostrata negli urti tra particelle ad energie inferiori o eguali a quelle utilizzate al Fermilab può essere spiegata con una non sufficiente penetrazione nello spazio geometricamente deformato intorno alla particella che, come si vede nella figura 3, già a brevissima distanza dai quanti di spazio del gruppo tetraedrico, mostra una configurazione perfettamente sferica.

Si tratta ovviamente di ipotesi molto azzardate che meritano però un attento approfondimento per le enormi semplificazioni che potrebbero portare sulla strada dell’unificazione delle forze.

Oltre ai quanti di spazio direttamente interessati dall’interazione con l’energia o la carica, e che pertanto diventano particella osservabile, anche lo spazio circostante subisce una profonda trasformazione.

Nel caso di leptoni, quark e bosoni intermedi, ovvero di particelle costituite da un solo quanto di spazio (o da un gruppo di preoni), i quanti di spazio esterni alla particella modificano il loro stato per divenire portatori dei campi su distanze illimitate mentre quelli prossimi assumono caratteristiche che configurano e determinano la massa della particella; il numero di quanti interessati, o quanti di massa, è proporzionale alla quantità di energia assunta dalla particella. (ved. fig. 4). La correlazione relativistica tra massa ed energia, il comportamento delle particelle nei decadimenti e nelle trasformazioni materia-energia non soltanto non vietano questa ipotesi ma vi si adattano perfettamente.

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La natura della massa così ipotizzata ha due conseguenze molto importanti: la prima è che la massa di una particella deve risultare sempre un multiplo della unità assumibile dal singolo quanto di spazio (o crescere secondo una proporzione quantistica); la seconda conseguenza è che nessuna particella osservabile, fotone compreso, dovrebbe risultare del tutto priva di massa. Il condizionale è d’obbligo poiché i meccanismi che regolano la trasformazione dello spazio occupato dall’energia sono ancora da scoprire ed al momento l’ipotesi non può nemmeno prevedere se il quanto direttamente occupato da carica (o da una quantità discreta di energia) partecipi anche alla formazione della massa coi quanti circostanti, come sembrerebbe più probabile, o ne costituisca soltanto l’origine senza prenderne parte.

E’ interessante considerare come si possono conciliare gli effetti relativistici sulle masse con quanto si é ipotizzato sull’origine e configurazione della massa nello spazio quantistico. Per questo si rimanda al capitolo che sviluppa queste considerazioni avanzando ipotesi che, pur molto suggestive e ben inserite nel gruppo di teorie proposte, richiedono al momento considerevoli cautele.

L’analisi approfondita del rapporto che lega la particella alla sua massa nello spazio quantistico, manifestazione correlata alla interazione tra energia e quanti di spazio, potrebbe cambiare radicalmente la nostra visione dei fenomeni fisici riservandoci non poche sorprese e con la probabilità di meglio coniugarli con la nostra logica.

Nel caso delle particelle dotate di struttura interna, quali i barioni e i mesoni, la trasformazione dello spazio indotta dall’energia che vi si installa è molto più complessa. La particella risultante viene ad essere costituita da una serie di quanti di spazio occupati ciascuno da una frazione della energia totale della particella, non contigui e distribuiti in un certo volume entro il quale la geometria dello spazio subisce una deformazione ulteriore e diversa da quella indotta sullo spazio esterno a tale volume dove si ha un comportamento analogo alla particella priva di struttura.

Questo tipo di configurazione si adatta perfettamente alle caratteristiche delle particelle ed al loro comportamento, consente di spiegarne la struttura interna, di motivare le cariche frazionarie dei quark, la loro indivisibilità, la natura e la funzione dei gluoni, di rendere conto del confinamento delle forze nucleari e della dinamica interna della particella, nonché dei comportamenti osservati nei decadimenti. Non è detto però che il frazionamento dell’energia totale della particella osservabile sui quark che la compongono corrisponda a quella ipotizzata; potrebbe rappresentare soltanto un dato statistico valido per l’interpretazione matematica. Piuttosto che particelle stabili i quark si configurano dunque come aspetti transitori del continuo interscambio di frazioni di carica tra i quanti di spazio che costituiscono la particella nucleare all’interno dello spazio che questa racchiude. I singoli quanti di spazio assumono via via tutte le configurazioni di quark, antiquark o gluoni componenti la particella stessa ma non possono lasciar sfuggire l’energia che li identifica all’esterno del volume racchiuso da quest’ultima per l’impedimento opposto dalla configurazione spaziale.

La capacità del quanto di spazio di assumere una carica, o più propriamente di consentirne il transito, mostra però di essere influenzata da una "predisposizione" conseguente alle condizioni ambientali determinate dalla prossimità di altre cariche costitutive di particelle materiali.

Questo concetto richiede di essere precisato.

L’energia che si instaura temporaneamente su un quanto di spazio nel suo percorso orbitale trasforma il quanto di spazio in particella materiale osservabile e genera attorno a se un campo poliforme che provoca nei quanti circostanti una variazione dell'attitudine a ricevere cariche od a consentirne il transito. Questa variazione si configura come una alterazione della geometria dello spazio intorno al quanto carico tale da influenzare, determinandone percorsi più favorevoli, tutti gli spostamenti delle cariche prossime. Ovviamente il concetto di prossimità ha valore relativo riferendosi soltanto all’entità dell’influenza esercitata dalle particelle cariche sulle cariche circostanti in movimento ; tale influenza non ha limiti di distanze (come vedremo in dettaglio quando parleremo di RELAZIONE) ma decade rapidamente essendo proporzionale all’inverso del loro quadrato.

La deformazione geometrica provocata da una particella nei suoi dintorni influenza le traiettorie delle particelle vicine in movimento ma viene a sua volta influenzata dalla deformazione geometrica indotta da queste ultime, dal tipo di carica di cui sono dotate, dalle velocità di spostamento reciproco.

L’alterazione globale della geometria dello spazio quantistico risulta pertanto di estrema complessità ma è perfettamente coerente col concetto di curvatura dello spazio introdotto dalla relatività della quale motiva l’origine quale manifestazione macroscopica derivante dalla somma delle deformazioni geometriche di ogni punto dello spazio.

Il cambiamento di stato di un singolo quanto di spazio dovuto alla prossimità delle particelle cariche può assumere qualsiasi valore e la sua condizione può essere convenzionalmente definita come "LIVELLO DI STATO del quanto di spazio". (Le figure 4C - 4D - 4E - 4F mostrano l’andamento dei valori di stato misurati su piani a diversa distanza da un raggruppamento di masse o cariche disposte come in figura 4B, evidenziando anche l’andamento volumetrico della deformazione spaziale indotta.)

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Il LIVELLO DI STATO connota dunque la maggiore o minore attitudine del quanto di spazio ai trasferimenti energetici ed è al tempo stesso origine e prodotto dei campi di cui motiva natura, origine e leggi.

In questo modo siamo ora in grado di comprendere formazione e distribuzione spaziale dei campi: la presenza di energia su uno o più quanti determina una variazione del livello di stato dei quanti circostanti. Il livello di stato di un singolo quanto è inversamente proporzionale alla superficie sferica al cui centro si trova la carica.

Il LIVELLO DI STATO, rappresenta un valore composito derivante dalla somma di tutti i campi, di tutti i generi, che concorrono a determinarlo generando una condizione complessa del quanto di spazio che manifesterà un comportamento selettivo nel determinare i percorsi orbitali degli spostamenti energetici a seconda del tipo e dell'intensità di carica da cui trae origine e del tipo e dell’intensità delle cariche che possono interessarlo nel corso dei trasferimenti.

Il valore assoluto del LIVELLO DI STATO di un singolo quanto non è però di per sé significativo; ciò che ha influenza determinante sui tracciati degli spostamenti energetici è la distribuzione spaziale dei livelli di stato e le differenze relative che si riscontrano tra i quanti interessati lungo il tracciato orbitale. In altri termini è l’entità della differenza dei livelli di stato tra quanti adiacenti a determinare la configurazione geometrica dello spazio indipendentemente dal loro valore assoluto.

Dal concetto di LIVELLO DI STATO del quanto di spazio e della sua distribuzione spaziale, derivano una serie di considerazioni che rendono conto di tutte le nostre osservazioni; ne richiamo alcune delle più importanti:

Il trasferimento dell’energia segue un percorso preferenziale determinato dalla distribuzione dei livelli di stato dei quanti di spazio interessati lungo il percorso. Le cariche tendono a spostarsi su quanti di spazio a livello di stato crescente, compatibilmente con l'energia cinetica di cui sono dotate. Condizioni di equilibrio tra l’energia cinetica delle cariche in movimento ed il livello di stato a distribuzione sferica uniforme determineranno l’inserimento in orbita stabile mentre in mancanza di equilibrio si verificherà la cattura o la fuga dal campo a seconda della "forza" prevalente. Questo principio rende conto tanto della attrazione gravitazionale quanto della curvatura dello spazio.

La configurazione dello spazio quantistico e le condizioni che determinano il livello di stato dei quanti di spazio consentono di identificare in questi ultimi il gravitone. Il gravitone non ha però il carattere ed il comportamento tipico delle particelle che mediano il trasferimento di energia ; esso riporta infatti le variazioni di livello di stato gravitazionale senza che a questo sia associato alcun trasferimento reale di energia e senza l’apparente movimento della particella ; in altri termini esso non trasporta energia gravitazionale anche se ne è l’origine. In dipendenza delle condizioni locali che influiscono sulla formazione dei campi e determinano natura ed entità del livello di stato, il quanto di spazio assume anche la condizione di monopolo magnetico.

La natura del campo gravitazionale, determinata dai livelli di stato dei quanti di spazio, può spiegare in modo convincente anche il comportamento di particelle prive di massa o, come sopra ipotizzato, dotate di masse non rilevabili, che tuttavia risentono della curvatura dello spazio determinata dalle concentrazioni di massa. La curvatura dello spazio viene reinterpretata come distribuzione spaziale sferica dei quanti di spazio allo stesso livello di stato.

Le particelle esotiche che si creano nei grandi acceleratori appaiono, nello spazio quantistico strutturato dai livelli di stato, come il risultato prodotto su piccolissime regioni di spazio da enormi concentrazioni di energia che simulano condizioni particolari riscontrabili in natura solo all'interno di nuclei di galassie attive o di quasar oppure ancora limitate a momenti prossimi al big-bang. L'estrema brevità della loro vita media corrisponde al tempo in cui può essere mantenuto un elevatissimo livello di stato nel volume di spazio in cui la particella si manifesta. L’innalzamento del livello di stato per creare le condizioni spaziali atte a contenere l’energia della particella esotica viene ottenuto attraverso urti di particelle spinte ad altissime velocità da campi magnetici od elettrici di elevata intensità. Ma nel momento stesso che la particella si forma le condizioni di "pressione", conseguenti all’urto, che ne hanno consentito la formazione si azzerano e la particella decade (o esplode) nei tempi tipici richiesti dai trasferimenti di cariche necessari al ripristino della loro distribuzione spaziale in ambiente normalizzato. La "pressione" localizzata cui si è accennato può essere interpretata più correttamente come una forte deformazione della geometria dello spazio localizzata in un volume piccolissimo inserito in uno spazio non deformato.7) (alle NOTE)

Le modalità dei decadimenti, la loro prevedibilità possibile spesso soltanto a livello statistico, la formazione di particelle intermedie per il trasferimento dell'energia, si adattano perfettamente al modello che interpreta la particella come interazione tra energia e quanto di spazio regolata dalla geometria disegnata dai livelli di stato. Appunto le irregolarità possibili in questa geometria, di cui ora possiamo intravedere la complessità, rendono conto delle ragioni delle imprevedibilità insite nei decadimenti.

La massa ipotizzata come alone a geometria distorta intorno alle particelle composite può rendere conto di quelle situazioni in cui si riscontrano masse differenti tra quella della particella e la somma delle masse dei suoi componenti. In questo caso la eventuale condivisione di alcuni quanti di massa potrebbe motivare valori inferiori alla somma dei componenti.

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Nelle figure, dalla N. 4 B alla N. 6 G, è rappresentata la distribuzione delle variazione dei livelli di stato generate dalla prossimità di masse o cariche. Le deformazioni planari e sferiche disegnate dai livelli di stato possono rendere conto delle diffusioni elastiche ed anelastiche negli urti di particelle a secondo della energia dell’urto e quindi alla capacità di penetrare in misura maggiore o minore lo spazio deformato in profondità.

Nello spazio quantistico trova una valida spiegazione la costanza della velocità della luce che rappresenta il valore tipico, e limite, del trasferimento di energia tra i quanti dello spazio. Una altrettanto valida motivazione consente di comprendere perché la velocità della luce appaia costante indipendentemente dalla velocità dell'osservatore rispetto alla sorgente come è meglio precisato nell’inciso relativo alla integrazione tra spazio-tempo e spazio quantistico.

Un altro fenomeno che può trovare spiegazione nello spazio quantistico è l’accelerazione gravitazionale nello spazio-tempo relativistico ed i suoi effetti. L’accelerazione che un corpo subisce a causa delle variazioni dei livelli di stato dei quanti di spazio incontrati nell’orbita percorsa avviene a carico dei trasferimenti di energia degli elementi che compongono il corpo, i quali rallentano il loro movimento reciproco per trasferire parte della loro energia nell'accelerazione lineare. In questo modo si spiega il rallentamento del tempo per i corpi in movimento accelerato ed il congelamento del tempo per i corpi che viaggiano a velocità luminale.

Oltre che motivare il collasso gravitazionale, i concetti di spazio quantistico e di livello di stato che condiziona la capacità di assunzione di carica da parte dei quanti di spazio, anche l’emissione di energia per effetto della contrazione gravitazionale può essere agevolmente spiegata come espulsione della quantità di energia che il livello di stato non consente di trattenere.

L’interazione energia-quanto di spazio regolata dal livello di stato può ancora fornire una valida spiegazione della continuità del collasso gravitazionale oltre la dimensione fisica del neutrone fino al buco nero od alla singolarità all’origine del big-bang. In altri termini il limite alla quantità di energia che può essere assunto da un quanto di spazio è determinato esclusivamente dal suo livello di stato e dal rapporto tra questo ed il livello dei quanti circostanti.

Uno dei punti più oscuri della cosmologia del Big Bang riguarda la difficoltà di fornire, a partire dalla singolarità iniziale, una spiegazione convincente del passaggio dalla supposta isotropia originale alla anisotropia che ha consentito le concentrazioni di massa necessarie alla formazione di stelle e galassie. Le ipotesi di fluttuazioni quantistiche forniscono una descrizione del possibile aspetto di questa transizione ma non sono in grado di motivarla o di spiegarne origine e meccanismo. Lo spazio quantistico, con la sua struttura "granulare", può fornire una spiegazione più convincente: l’isotropia è possibile soltanto sino al momento in cui la quantità totale di energia è tale da potersi distribuire occupando ogni quanto di spazio ma a partire dal momento in cui l’espansione diluisce l’energia totale su un volume maggiore l’energia comincia a condensarsi su singoli quanti lasciando dei vuoti intermedi; in altri termini inizia la formazione delle particelle subatomiche e scompare l’isotropia. La formazione delle particelle subatomiche, con i diversi tempi di transizione dell’energia su quanti a distanze anche di pochissimo diverse e con le reciproche interferenze conseguenti innesca le fluttuazioni quantistiche che daranno vita alle concentrazioni di masse formando stelle e galassie. Il passaggio da condizione isotropica ad anisotropica così ipotizzato richiede però di rivedere i supposti meccanismi all’origine dell’uniformità della radiazione di fondo.

Anche per l'espansione inflattiva iperluminale è possibile azzardare una ipotesi coerente con lo spazio quantistico. In prossimità di concentrazioni di massa estreme e ad elevatissimi livelli di stato potrebbe innescarsi una diffusione dell’energia di tipo induttivo operante secondo le leggi della diffusione sincrona dei campi, fuori da ogni rapporto col tempo. Ma questa ipotesi andrà verificata quando avremo una più precisa idea della natura dell’energia.

Lo spazio quantistico, oltre a consentire la possibilità di trattare anche la gravitazione come fenomeno quantistico, ipotizza uno scenario nel quale diventa possibile l’unificazione delle forze, come già si è accennato, i cui concetti devono essere rivisti pur restando assolutamente invariati i loro effetti.

La straordinaria modularità strutturale della geometria dello spazio quantistico è in grado di spiegare i meccanismi operativi che consentono la stabilità dei sistemi complessi, come vedremo più estesamente nel capitolo dedicato a questi ultimi.

Si potrebbe continuare ancora con l’elenco degli indizi a sostegno dell’ipotesi dello spazio quantistico e con la citazioni delle tante singolari combinazioni che la rivisitazione delle leggi fisiche rendono questa idea, oltre che esteticamente affascinante, fortemente plausibile, ma lo scopo di questo articolo è quello di proporre un modello complessivo dell’universo; il che richiede di considerarne anche struttura ed organizzazione.

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LA STRUTTURA DELL'UNIVERSO:

I SISTEMI COMPLESSI E LE LORO GERARCHIE

(All’INDICE)    

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Il nostro Universo è strutturato secondo una serie di sistemi complessi organizzati su scale gerarchiche di crescente grandezza, sia parallele che inserite l'una entro l'altra come in una sorta di scatole cinesi, a loro volta sempre più grandi e complesse.

Di questa struttura, abbastanza evidente sia a livello microscopico che macroscopico, per altro già ampiamente descritta, non riusciamo tuttavia ad intravedere con chiarezza i meccanismi operativi o l’organizzazione né a coglierne la inimmaginabile vastità 8) (alle NOTE).

Nel contesto dello spazio quantistico che abbiamo ipotizzato, pur senza entrare troppo in dettaglio nel merito della complessità, è necessario verificare come queste gerarchie di sistemi possano collocarvisi ed il tipo di interazioni che legano tra di loro prima i componenti dei sistemi e poi gli insiemi di sistemi ed infine sistemi ed insiemi allo spazio quantistico; ciò allo scopo di comprendere come queste interazioni possano agire selettivamente senza alterare distruttivamente le loro strutture interne.

Per intenderci, un sistema complesso è un sistema dinamico organizzato ed ordinato composto da un elevato, o più frequentemente elevatissimo, numero di elementi, ognuno dei quali è in diretto rapporto con tutti gli altri 9)     (alle NOTE): l'insieme che ne deriva ha poi la proprietà di comportarsi, in rapporto all'ambiente esterno, alla pari di un elemento unitario, quasi fosse privo di struttura interna.

Per comprendere completamente le interazioni tra sistema complesso ed ambiente, considerando sempre l’ambiente esterno al sistema come ambiente strutturato ai vari livelli di raggruppamento dei sistemi, dobbiamo considerarne i rapporti alla luce delle modalità che regolano il movimento delle particelle nello spazio quantistico.

Come abbiamo visto in precedenza, il movimento delle particelle risulterebbe soltanto apparente ed unicamente conseguente allo spostamento di quantità discrete di energia o di cariche tra i quanti dello spazio.

Il sistema risulta quindi composto non più dagli elementi che noi siamo abituati a considerare ma da un insieme di cariche o di "globuli" di energia distribuiti nello spazio, identificative di quegli elementi componenti che noi osserviamo; cariche e "globuli" si muovono lungo le orbite preferenziali composite determinate dall'interazione dei campi reciproci.

In linea di principio il movimento degli elementi all'interno del sistema, anche se l'intero sistema risulta a sua volta in movimento, non subisce alterazioni ad opera dell'ambiente esterno perché le orbite preferenziali interne non vengono modificate dai campi esterni: il reticolo dei tracciati interni, che rappresenta l’organizzazione del sistema ed è costituito dalla strutturazione dinamica dei livelli di stato dei quanti di spazio, trasla integralmente lungo l'orbita seguita dal sistema.

In altri termini il cuore del sistema è rappresentato dalla complessa geometria dello spazio interno disegnata dall’interazione tra le superfici sferiche a livello di stato scalare irradiate dai campi; questa geometria determina i percorsi orbitali dell’energia, cioè il reticolo dei tracciati, che in combinazione coi quanti di spazio costituisce gli elementi componenti il sistema.10) (alle NOTE). La geometria dello spazio interno rappresenta inoltre quella componente del sistema che si mantiene anche negli intervalli in cui le particelle materiali si manifestano come onde.

Il reticolo orbitale è in continua evoluzione, modificato dal movimento reciproco dei componenti interni, lungo un percorso ciclico di bassa o bassissima frequenza. Il ciclo è determinato dal numero finito, ancorché enorme, di combinazioni possibili o di posizioni permesse che possono essere occupate nello spazio interno.

Il sistema viene visto dal sistema di ordine immediatamente superiore che lo contiene come elemento unitario concentrato al suo centro e la strutturazione dei campi del sistema di ordine superiore a prima vista non ne influenza l’evoluzione.

Il numero degli elementi che entrano nel sistema complesso ha un limite superiore che dipende dal tipo e dall’intensità del legame oltre che dalle condizioni di deformazione geometrica complessiva dello spazio esterno nel quale il sistema è inserito. Più forte è il legame minore risulta il numero massimo di elementi possibili poiché la forza di legame limita anche la libertà degli elementi componenti ed i gradi di interazioni possibili tra di essi bloccando lo sviluppo verso l'alto della complessità risultante. Vedremo più avanti invece l’effetto prodotto dalle condizioni dell’ambiente esterno in cui si trova il sistema.

E’ interessante considerare come agiscono le forze che legano gli elementi componenti dei sistemi.

La forza forte e la forza debole agiscono soltanto a brevissime distanze a livello nucleare interessando la distribuzione dell’energia "condensata" nella particella osservabile. In realtà nello spazio quantistico le forze che agiscono a livello nucleare presentano molte probabilità di essere soltanto apparenti: vediamo perché prendendo come esempio la forza forte.

L’idea di forza forte nasce dalla concezione classica di particella: una sfera dotata di una precisa identità e con comportamento tipico a seconda della carica, oltre ad altre caratteristiche che nell’esempio possiamo ignorare, di cui è dotata. Nei confronti di altre particelle essa manifesta attrazione o repulsione proporzionali all’inverso dei quadrati delle distanze se le cariche sono rispettivamente di segno contrario o di segno uguale; poiché all’interno dei nuclei più particelle cariche dello stesso segno vengono a trovarsi a distanze piccolissime, se non a contatto, le forze repulsive che queste esercitano reciprocamente assumono valori enormi che debbono essere contrastate da una forza almeno eguale affinché il nucleo possa rimanere stabile. La stabilità dei nuclei atomici sarebbe dunque possibile solo per l’azione della forza forte ma non vi è alcun indizio sul come e da che questa possa essere generata.

Nello spazio quantistico i  concetti di particella e di nucleo atomico devono essere rivisti: la particella, come abbaimo già accennato, nasce dall’interazione di una quantità discreta di energia 11) (alle NOTE) con uno o più quanti di spazio distribuiti in un determinato volume. Con questa configurazione, il nucleo atomico non può più considerarsi formato da un gruppo di particelle ma risulta costituito dalla somma delle loro energie distribuita in un determinato volume di spazio; le particelle che hanno contribuito alla costruzione del nucleo hanno perso la loro identità diffondendo la loro energia nel volume di spazio in cui il nucleo stesso si manifesta.

Sebbene il quanto di spazio non abbia limiti alla quantità di energia che può assumere questa è determinata dal livello di stato del quanto stesso e dalla distribuzione dei livelli nei suoi dintorni. Ne consegue che la quantità totale di energia apportata dalle singole particelle che sono confluite nel nucleo non è concentrata su un solo quanto né ripartita in modo uniforme sui quanti di spazio interni, soggetti ad una oscillazione continua dei livelli di stato che origina e motiva gli scambi; la frazione che ciascuno di essi può assumere si sposta in continuazione da uno all’altro. La fluttuazione dei livelli di stato interni si mantiene però quasi sempre al disopra del valore minimo necessario per impedire all’energia di sfuggire; il "quasi" è dovuto a quelle condizioni particolari di decadimento in cui compare quella che è stata interpretata come forza debole.

Come si concilia allora questa configurazione con i risultati sperimentali che lasciano intravedere nel nucleo una struttura interna che provoca diffusioni anelastiche e che emette le stesse particelle che sono entrate nella sua costruzione quando decade o viene frantumato?

Per quanto riguarda le diffusioni anelastiche, la risposta va cercata nella struttura dinamica del nucleo che proietta al suo esterno le elevate irregolarità dinamiche della sua geometria interna (vedere le fig. 6A - 6B -  6D - 6E che rappresentano le differenze di livello misurate su sfere esterne poste a distanze diverse da un gruppo di masse o cariche ipotetiche disposte come mostrato nelle figure 6F e 6G); nel decadimento invece le particelle si riformano perché rappresentano l’unica forma in cui l’energia in uscita dal nucleo può ricombinarsi, almeno in forma rilevabile, con lo spazio quantistico.

Gli effetti osservati dall’esterno del nucleo corrispondono esattamente a quelli che deriverebbero dalla presenza di una forza forte e di una forza debole, delle quali tuttavia soltanto lo spazio quantistico riesce a motivare origine, natura e portata apparenti.

Quando avremo trovato modo di risolvere la complessa geometria e dinamica interne dei nuclei saremo in grado di superare l’apparente paradosso che confina le forze dell’universo più forti in assoluto in uno spazio ridottissimo mentre la più debole, la gravitazionale, non ha limiti di portata.

All’esterno del nucleo è la forza elettromagnetica che agisce a livello atomico e molecolare regolando tanto l’organizzazione che gli scambi energetici tra i componenti dei sistemi e tra i sistemi sino al massimo livello gerarchico nel quale sia ancora possibile trovare nei livello di stato una significativa distinzione tra cariche positive e negative12) (alle NOTE).

Il legame elettronico è quello che consente di conseguire il grado più elevato di complessità col più elevato grado di interazione tra gli elementi componenti il sistema. La sua straordinaria versatilità deriva dal fatto che i campi elettrici, di due segni opposti, possono compensarsi a livello locale agendo selettivamente a vari livelli.

Al livello gerarchico in cui l’azione della forza elettromagnetica cessa neutralizzandosi, inizia ad agire la forza gravitazionale che regola movimenti organizzazione e scambi tra i sistemi di ordine più elevato.

La ripartizione dei compiti tra le diverse forze motiva l’ipotesi della loro unificazione ad elevate concentrazioni di energia, più esattamente ad elevati valori di livello di stato, perché ciascuna di esse necessita di un ben preciso volume di spazio e di una struttura sistemica determinata (o "range" geometrico) per potersi manifestare ed esprimere. In un ambiente ad elevatissima concentrazione di energia nel quale la struttura della geometria spaziale tenda ad un unico sistema sferico ad elevatissimo livello di stato, la forza gravitazionale, che ha raggiunto valori superiori a tutte le altre forze, tutte le annulla ed assorbe.

Man mano crescono dimensione e complessità dei sistemi, o si passa a gerarchie superiori, le forze di legame diminuiscono per l’aumento della distanza a cui devono operare o perché parzialmente neutralizzate. In questo modo si determina una gradualità nell’azione delle forze che riduce di vari ordini le possibili interferenze tra sistemi e loro sottosistemi ; il sistema vede i suoi sottosistemi come elementi monolitici perché le forze di legame di questi ultimi sono prevalenti.

Vi sono tuttavia dei limiti alla resistenza che un sistema può opporre alle influenze dell’ambiente o del sistema superiore che lo contiene.

I movimenti interni del sistema, anche se le influenze esterne risultano di molti ordini di grandezza inferiori, non sono interamente esenti dalle alterazioni che l’evoluzione dinamica dei livelli esterni può provocare sulla evoluzione dei cicli interni; anche una piccolissima variazione indotta in un punto del reticolo del sistema può determinare variazioni nel ciclo cumulabili nei cicli successivi provocandone la trasformazione fino alla distruzione.

Quando un sistema tende ad una complessità superiore a quella conseguibile con il numero massimo di elementi permessi dal tipo e dall’intensità di legame e dai livelli di stato locali determinati dall’ambiente esterno, si passa ad un sistema complesso di ordine superiore dove gli elementi componenti sono sistemi di ordine inferiore, non necessariamente dello stesso ordine.

Volendo stabilire una graduatoria esemplificativa della gerarchia dei sistemi, possiamo considerare sistema complesso di primo ordine il protone con la sua struttura di quark (tralasciando per il momento i preoni), di secondo ordine il neutrone e poi, a salire, di terzo il nucleo atomico, di quarto l'atomo, di quinto la molecola (ovviamente con i vari sottordini costituiti da tutte le particelle dotate di struttura interne, dei vari nuclei ed atomi degli elementi e relativi isotopi, delle innumerevoli combinazioni molecolari), e così di seguito fino ai sistemi planetari agli ammassi e superammassi di galassie o, su un altro versante, ai sistemi biologici.

In ognuno dei sistemi complessi citati è immediatamente riconoscibile la correlazione tra numero massimo di elementi componenti, natura ed azione del legame e complessità delle interazioni possibili all'interno dei sistema.

Per comprendere il funzionamento dell'universo è necessario tener conto della sua struttura basata su gerarchie di sistemi complessi poiché questa determina la modulazione dei livelli di stato, i trasferimenti di carica e l'interazione spazio-energia che ne consentono l'esistenza. Altrettanto necessaria, anche se più difficile da conseguire, è l’interpretazione delle funzioni esercitate dalle strutture interne dei sistemi sulle strutture via via più grandi che li inglobano.

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LA TEORIA DELLA RELAZIONE

(All’INDICE)    

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La teoria della Relazione, la prima elaborata in ordine di tempo tra quelle costituenti l'insieme assemblato nel modello di Universo proposto, è nata dalla considerazione che ogni fenomeno fisico origina da uno scambio di energia tra gli oggetti interessati e tra questi e l'ambiente esterno. Non appare allora tanto inverosimile l’ipotesi che l'evento possa realizzarsi soltanto se gli oggetti interessati dal fenomeno e l’ambiente sono in grado di fornire l'energia necessaria e al tempo stesso di assorbire quella prodotta. Ma se è facile rendersi conto che un oggetto, coinvolto ad esempio in un fenomeno esotermico, per essere in grado di produrre l’energia necessaria al fenomeno deve in qualche modo esserne predisposto, non altrettanto facile risulta immaginare che una analoga predisposizione potrebbe essere necessaria per consentire all’ambiente l’assorbimento dell’energia prodotta. Invertendo la direzione degli scambi di energia, analogo discorso vale nel caso di fenomeni endotermici.

La Relazione ipotizzava allora che tra gli oggetti interessati da un fenomeno e l’ambiente esterno dovesse intercorrere un rapporto capace di sintonizzarne l’azione.

In altri termini la Relazione può essere intesa come estensione e meccanismo applicativo del principio di Mack.

Nella fisica concepita nello spazio classico la Relazione poteva forse essere considerata una ipotesi interessante come esercitazione concettuale ma anche su questo piano risultava impossibile verificarne in qualche modo gli effetti ; si vedano in proposito i tentativi andati a vuoto per cercare di conciliare il principio di Mack con leggi fisiche e teorie correnti.

Rivisitata nello spazio quantistico ove sia il movimento degli oggetti sia gli scambi energetici tra sistemi diversi o tra sistemi ed ambiente sono rappresentati dai cambiamenti di traiettoria degli spostamenti di cariche o di quantità discrete di energia, la teoria della relazione può rendere conto delle interazioni necessarie al verificarsi degli eventi; essa può essere più facilmente compresa esaminando le influenze esercitate sul movimento degli oggetti.

Vediamo in dettaglio queste influenze.

Osservato in ambito locale, un qualsiasi oggetto o particella in movimento, che possiamo esemplarmente identificare col simbolo <a >, mostra di seguire una traiettoria rappresentata da una conica di facile identificazione, perfettamente descrivibile. Questo almeno nella fisica classica; nella meccanica quantistica la traiettoria non è più perfettamente descrivibile per divenire un tracciato probabilistico.

Nello spazio quantistico possiamo interpretare il tracciato probabilistico come conseguenza della articolata distribuzione spaziale dei livelli di stato e della complessa geometria dello spazio.

Nell'esempio riportato trascureremo per semplicità l'ipotesi probabilistica ma la semplificazione è pura questione di termini, ininfluente sul senso del discorso.

L’oggetto <a >, al pari di qualsiasi oggetto si prenda in considerazione, fa però parte di un sistema complesso che lo contiene e che nell'esempio considereremo ipoteticamente di primo ordine, di cui segue il movimento; ne consegue che la sua traiettoria, vista dall'esterno del sistema complesso di primo ordine risulta non più una conica ma, nella più semplice delle ipotesi, una cicloide.

Il sistema complesso di primo ordine è parte, a sua volta, di un sistema complesso di secondo ordine, che è parte di un sistema di terzo ordine e così via sino ad un sempre ipotetico sistema di ordine ennesimo, ciascuno dotato di movimento reciproco su orbite coniche rispetto ai sistemi coi quali risulta direttamente legato, siano essi dello stesso ordine oppure no.

Se ora, rispetto ad un insieme qualsiasi di assi di riferimento, interno od esterno al sistema complesso di ennesimo ordine, noi consideriamo il movimento dell'oggetto <a >, esso apparirà a prima vista del tutto caotico.

Analizzando il movimento rispetto agli assi vedremo che esso segue un tracciato cicloidale di ordine minimo pari a n-1 (orbite coniche inserite su tracciati conici che evolvono su coniche di percorso, in serie multipla, pari come valore minimo al numero dei sistemi legati meno uno).

Per seguire un tracciato del genere è necessario che l'oggetto <a > modifichi continuamente, rispetto agli assi di riferimento, direzione e velocità per tenere conto dei movimenti di tutti i sistemi di cui fa parte.

Nella fisica classica il cambiamento di direzione e velocità dell'oggetto <a > rispetto agli assi di riferimento sarebbero soltanto apparenti, poiché gli assi sono immaginari, e pertanto privi di qualsiasi rapporto con l'oggetto in questione.

Nello spazio quantistico, invece, gli assi di riferimento si materializzano nel reticolo rappresentato dai quanti di spazio; cambio di velocità e direzione nel movimento dell'oggetto <a > diventano reali rispetto allo spazio fisico.

Ma il movimento delle particelle, come abbiamo visto in precedenza, è soltanto apparente essendo dovuto allo spostamento dell'energia sui quanti di spazio; tale spostamento si verifica su tracciati preferenziali (od orbite composite) determinati dalla interazione tra il tipo, l’entità e la velocità di trasferimento dell’energia in movimento con le differenze dei livelli di stato incontrati sul tracciato; in altri termini viene determinato dalle condizioni ambientali strutturate.

Ne consegue che nello spazio quantistico l’energia che identifica le particelle componenti l'oggetto <a > deve muoversi lungo orbite estremamente complesse determinate dalle continue variazioni di livello di stato dei quanti di spazio indotte dai movimenti reciproci di tutti i componenti la gerarchia di sistemi complessi di cui l'oggetto <a > è parte.

A questo punto, per comprendere i meccanismi che consentono all’oggetto <a > di modificare con continuità il tracciato del suo spostamento per correlarlo a quello dei sistemi a cui è legato, si inserisce l’idea della relazione 13) (alle NOTE).

Nello spazio quantistico la RELAZIONE è la teoria che ipotizza il rapporto che modula il livello di stato di ogni singolo quanto di spazio in funzione dei livelli, e della loro distribuzione, di tutti i quanti dello spazio.

La regola che ne discende stabilisce che ogni particella materiale o quanto di spazio interagente con l’energia comunica il proprio livello di stato a tutti i quanti dello spazio, con diffusione sferica di intensità superficiale complessiva costante a qualunque distanza, modificando quindi il livello di stato di ogni singolo quanto di spazio in proporzione inversa al quadrato della distanza.

Il livello di stato quantistico, somma di tutti i campi, di qualsiasi genere, che interessano un determinato quanto, traccia con fluttuazione continua la configurazione geometrica generale dello spazio.

Soltanto il campo gravitazionale però agisce universalmente; gli altri campi, prodotti in duplice forma di segno opposto, si neutralizzano a livello locale. Il loro effetto tuttavia non si esaurisce nella formazione e strutturazione delle gerarchie di sistemi complessi ma, attraverso questi ultimi, si ripropone a livello gravitazionale.

Il livello di stato di ogni quanto di spazio assume il significato di cella portante dell’organizzazione dell’universo. Nel confronto con i livelli dei quanti circostanti, tutti in oscillazione sincrona ma di ampiezza diversa per ciascuno in funzione della loro posizione, crea il reticolo dinamico che guida i trasferimenti delle "cariche", o quantità discrete di energia, costituenti di quel mondo che noi osserviamo.

E a questo punto ricompare prepotentemente per il nostro punto di vista l'ipotesi probabilistica, l'unica plausibile in un panorama di inimmaginabile complessità nel quale però può trovare raccordo senza più conflitti con l'ipotesi deterministica.

Dalla RELAZIONE derivano alcune conseguenze importanti che, pur non comportando alcuna revisione delle leggi fisiche scoperte fino ad ora, rappresentano sotto il profilo concettuale un fondamentale progresso per lo studio e la comprensione dei fenomeni.

Va anzitutto rilevato che nell'ambito della RELAZIONE, cioè dei rapporti che legano tra di loro i quanti di spazio, il tempo non esiste e lo spazio quantistico risulta rigorosamente tridimensionale (per la sua descrizione matematica si richiede tuttavia l’aggiunta di una quarta dimensione geometrica, come vedremo più avanti); se a questo livello il tempo esercitasse una qualsiasi influenza questa produrrebbe deformazioni tali nelle traiettorie di trasferimento dell’energia da provocare rapidamente la disgregazione dei sistemi complessi e conseguentemente dell'universo di cui i sistemi costituiscono la struttura.

Il tempo nasce nel momento in cui iniziano gli spostamenti dell’energia tra i quanti di spazio con la transizione in forma d'onda. Gli spostamenti si verificano con velocità che ha come limite superiore la velocità della luce; per questa ragione la successione dei quanti di spazio interessati dagli spostamenti energetici costituisce la linea di ritardo da cui origina il tempo.

Le variazioni dei valori di stato indotte dagli spostamenti di cariche non risentono invece di alcun ritardo poiché non comportano alcun trasferimento di energia.

Gli effetti gravitazionali della Relazione si manifestano pertanto in due diversi modi e con differenti modalità.

Da un lato il livello di stato gravitazionale dei quanti di spazio oscilla in sincrono con le masse interessate nei fenomeni che danno origine alle perturbazioni di campo, fuori da ogni influenza temporale. Per altro verso i movimenti delle masse che originano le perturbazioni gravitazionali sono rappresentate da spostamenti di energia o di cariche strettamente connesse al tempo.

Per queste ragioni la Relazione può convivere e integrarsi con la Relatività della quale non contraddice la concezione dello spazio-tempo suggerendone anzi le modalità di connessione.

Anche la Gravitazione di Newton e la Relatività generale possono trovare nella Relazione le motivazioni del loro disaccordo che appare dovuto ad impropria sovrapposizione. Le prima infatti tratta le modalità di distribuzione dei campi fuori da influenze temporali, la seconda considera i fenomeni mediati da scambi e spostamenti di energia o di cariche che nel percorso generano il tempo e ne subiscono l’influenza contribuendo alle formazione dei campi e delle deformazioni geometriche spaziali indotte .

Occorre però rilevare che le approssimazioni derivanti dalla incompleta considerazione di tutti i parametri che concorrono alla configurazione della geometria spaziale impediscono la completa connessione delle due diverse concezioni di Newton e di Einstein.

Consegue alla Relazione che le variazioni di campo di qualsiasi genere, onde gravitazionali comprese, non possono trasmettersi a velocità luminale ma soltanto secondo le modalità di sincronia su ricordate.

Ma la Relazione produce effetti correlati ancora più sorprendenti: la MODELLAZIONE CONTINUA di ogni punto dello SPAZIO, l’equivalenza adimensionale, l’INVARIANZA di SCALA.

La modellazione continua di ogni punto, o quanto, dello spazio deriva dalla oscillazione del livello di stato che ogni quanto subisce per effetto dei movimenti di energia, masse o cariche dell’intero universo; l’oscillazione del livello di stato è diversa per ogni quanto dipendendo dalla sua posizione e determina una configurazione continuamente mutevole della geometria dello spazio, dal più minuto dettaglio fino a livello globale.

Una rilevante conseguenza della modellazione geometrica continua è costituita dalla evoluzione dei sistemi: due oggetti, o sistemi, assolutamente identici non possono avere identica evoluzione perché occupando due diversi volumi di spazio saranno soggetti ad una diversa influenza sulla distribuzione sia dei livelli di stato interni che di quelli esterni adiacenti ed avranno di conseguenza un diverso sviluppo del reticolo orbitale, un ciclo evolutivo diverso. Naturalmente le differenze evolutive di due sistemi eguali dovute ad un diverso sviluppo del reticolo orbitale sono generalmente di così piccola entità da risultare non rilevabili dai nostri strumenti di misura 14) (alle NOTE).

L’equivalenza adimensionale, altro effetto singolare della relazione, dipende dalla natura stessa di quest’ultima o, se si preferisce, dalla natura dei campi che la generano. Come abbiamo visto la condizione di un quanto di spazio interagente con l’energia viene comunicata, con diffusione sferica di intensità superficiale complessiva costante a qualunque distanza, a tutti i quanti dello spazio.

L’equivalenza adimensionale é una discendenza diretta della terza legge di Newton che, riscritta in modo conforme alla Relazione, consente di espanderne la portata e di descrivere i meccanismi attraverso i quali si attua.

Consegue all’equivalenza adimensionale che due sistemi legati in un sistema di ordine superiore si scambiano una "comunicazione" dello stesso valore complessivo, influenzano reciprocamente la distribuzione dei loro valori di stato interni con la stessa intensità globale, qualunque sia il loro rapporto dimensionale. (vedere il capitolo e le figure 7A e 7B dedicati alla equivalenza adimensionale).

Le implicazioni derivanti dall’equivalenza adimensionale sono notevoli a cominciare dalla possibilità di comprendere per quale ragione ed in quale modo qualunque azione provochi una reazione eguale e contraria; ma la conseguenza più sorprendente è che due o più sistemi dinamicamente legati tra di loro (e non esiste nell’universo oggetto o sistema che non si trovi in questa condizione), qualunque sia il loro rapporto dimensionale, si trovano in posizione assolutamente paritetica, la relazione tra di loro è totalmente indipendente dalle dimensioni o, con diversa definizione e per usare un ragionamento tipicamente umano, non è possibile stabilire quale di essi conduca il gioco governando il sistema superiore del quale fanno parte.

L’INVARIANZA di SCALA. Nelle fig. da 6A a 6E compaiono esempi della deformazione geometrica prodotta su una sfera di riferimento da un raggruppamento di masse o di cariche situate al suo interno. La deformazione geometrica si esprime, insisto nel ricordarlo, influendo sul valore di stato dei quanti di spazio situati sulla sfera di riferimento. Allontanandoci dal centro del raggruppamento di masse o cariche la deformazione geometrica si riduce in funzione del quadrato del raggio della sfera di riferimento tanto che già quando supera di tre o quattro volte il raggio medio del raggruppamento la sfera di riferimento risulta apparentemente non più deformata (ved. fig. 6A). Esaminando però in dettaglio le differenze tra i valori di stato in punti radialmente corrispondenti su sfere di raggio diverso noteremo che all’aumento del raggio le differenze di livello, pur riducendosi a valori sempre più piccoli, tendono a conservare a qualunque distanza una configurazione superficiale simile. L’andamento superficiale tende dunque all’invarianza in funzione del rapporto tra il quadrato del raggio della sfera di riferimento ed il quadrato del raggio medio del raggruppamento di masse o cariche al suo interno. Il grafico in fig. 8 illustra il confronto tra i valori di stato relativi misurati sui punti A,B,C,D,E, radialmente corrispondenti posti su sfere di riferimento con raggi R crescenti evidenziando la tendenza a conservare la forma della deformazione geometrica a qualsiasi distanza dalle concentrazioni di energia che l’hanno generata.

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LA MASSA NELLO SPAZIO QUANTISTICO

ed i suoi EFFETTI RELATIVISTICI

(All’INDICE)    

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Nello spazio quantistico la massa gravitazionale viene ipotizzata come un alone che circonda la particella, costituita, come si é visto, da uno o più quanti di spazio interagenti con l’energia. L’alone costituente la massa origina direttamente dall’azione dell’energia della particella sui quanti di spazio circostanti che in questo modo ne condividono l’energia perdendo la condizione di quanti "liberi".

Non si tratta soltanto di una alterazione del valore di stato ma di uno sconfinamento dell’energia della particella sui quanti di spazio prossimi. L’energia della particella può modificare la condizione dei quanti dell’alone in due modi diversi:

Nel primo caso il quanto di spazio dovrebbe possedere la capacità di "contenere" una quantità fissa di massa mentre, nel secondo il quanto avrebbe soltanto un limite minimo per divenire portatore di massa consentendo nello stesso tempo all’alone di avere un confine netto.

Al momento non è possibile stabilire quale delle due ipotesi sia la più probabile: entrambe consentono di motivare gli effetti indotti dalla massa, di cui accenneremo più avanti, senza mostrare evidenti incompatibilità.

La presenza di un alone di massa esercita poi sullo spazio quantistico una deformazione geometrica agendo sul valore di stato dei quanti secondo le leggi della Relazione. La somma delle deformazioni dovute alle masse presenti in un certo volume verrà osservata su scala macroscopica come curvatura dello spazio.

La fisica classica considera però due diversi tipi di massa: la massa gravitazionale e la massa inerziale che si differenziano per gli effetti prodotti.

La massa gravitazionale di un oggetto é quella che esercita nei confronti di altri corpi una attrazione che si manifesta come una forza capace di imprimere ai due corpi una accelerazione diretta verso il loro centro di massa; la massa inerziale rappresenta invece la resistenza che un corpo oppone all’accelerazione.

La relatività interpreta la massa gravitazionale in modo diverso (la forza deriva dalla curvatura dello spazio) ma gli effetti possono al momento essere considerati corrispondenti.

Non vi é alcun indizio che le due masse siano la stessa cosa e che pertanto debbano avere eguale entità, tuttavia le misure effettuate sino ad oggi confermano per entrambe lo stesso valore entro il limite strumentale di una parte su 1012, con la conseguente inespressa tendenza a considerarle una cosa unica.

Anche se le masse gravitazionale ed inerziale originano nello spazio quantistico dallo stesso alone di massa, identico quindi per entrambe, gli effetti prodotti nei fenomeni che coinvolgono la massa sono molto diversi e, a dispetto della concordanza delle misure sin qui effettuate, anche il loro valore non può essere coincidente. Gli effetti relativistici esaltano poi in modo estremo le differenze di valori e comportamenti.

Cominciamo col vedere come e perché le due masse differiscono e per quale ragione non si é trovata sino ad oggi alcuna differenza tra i loro valori.

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Nello schema della fig. 15 le due masse sono rappresentate come forze che agiscono su due corpi le cui dimensioni, assolute o reciproche, non sono influenti. Da questo schema possiamo immediatamente rilevare che le forze apparenti esercitate dalle masse gravitazionali agiscono unicamente in direzione del loro centro di gravità mentre quelle esercitate dalle masse inerziali possono assumere qualsiasi direzione in risposta alla forza esterna che tende ad accelerare uno dei corpi.

Vi sono altre importanti differenze tra gli effetti prodotti dai due tipi di masse che evidenzieremo più avanti; vediamo per ora quale rapporto lega i loro valori.

Ponendo:

Mg = Massa gravitazionale del corpo campione espressa in Kg.; Mi = Massa inerziale;

g = accelerazione di gravità; a = accelerazione del corpo campione;

Ms = Massa totale del sistema inerziale di riferimento, sempre espressa in Kg.;

Avremo:

1)       image556.gif (1496 byte) 

 

e sulla Terra, dove g ed Ms hanno valore di : g = 9,81 ; Ms = 5,98 . 1024

Mi avrà il valore di:

2)       image558.gif (1664 byte)  

La differenza tra massa inerziale e massa gravitazionale risulta quindi di molti ordini di grandezza inferiore alle capacità di rilevazione degli strumenti attuali la cui accuratezza non supera, come si é detto, il valore di 1 su 1012.

Come si può notare, tanto la differenza tra massa inerziale e gravitazionale che la sensibilità degli strumenti necessari per misurarla dipendono dal rapporto tra il prodotto dell’accelerazione impressa al corpo campione per la sua massa ed il prodotto dell’accelerazione di gravità per la massa del sistema inerziale di riferimento nel quale viene effettuato il confronto.

Determinate le differenze quantitative tra le due masse in un determinato sistema inerziale, che cosa rappresentano effettivamente nello spazio quantistico?

Abbiamo già visto che la massa gravitazionale si esprime con una azione di alterazione geometrica dello spazio determinata dalla variazione del valore di stato dei quanti che lo compongono. La deformazione geometrica ridisegna i tracciati orbitali degli oggetti che si muovono attorno alla massa che la origina determinando dei percorsi preferenziali che emulano esattamente l’effetto di una forza.

Nello schema di fig. 15 la massa m1 agisce sui percorsi del corpo di massa m2 con una somma di azioni che emulano gli effetti di una forza g1 diretta verso il centro di massa O, mentre la massa m2 genera la forza g2 che agisce su m1.

E’ importante, per comprenderne appieno i meccanismi d’attuazione, interpretare la massa gravitazionale come conseguenza dell’interazione tra due o più volumi di spazio deformati dalla presenza di una concentrazione di energia; volumi rappresentati dall’agglomerazione di una miriade di volumi più piccoli (sistemi di varia complessità), a loro volta costituiti da concentrazioni di volumi ancora più piccoli sino a quelli rappresentanti atomi e particelle.

L’equivalenza adimensionale regola con le sue leggi il rapporto tra i volumi, o corpi, di cui sopra, ma questo rapporto risulta diretto e con accelerazione costante e unidirezionale.

La massa inerziale invece non deriva da un rapporto di valore costante tra due corpi ma dal rapporto di questi con una forza estranea che tende ad imprimere ad uno di essi una accelerazione, supplementare alla accelerazione di gravità, di valore e direzione qualsiasi. L’equivalenza adimensionale agisce in questo caso vietando di accelerare un singolo oggetto ed imponendo che i corpi vengano sempre accelerati o mossi in coppia in direzione opposta.

In questo modo si mantiene l’equilibrio generale; il centro di massa tra i due corpi non viene spostato rispetto ai sistemi di ordine superiore di cui fanno parte e gli effetti sulla Relazione vengono contenuti per l’alterazione dei livelli di stato limitati significativamente ai dintorni delle masse in movimento.

L’equivalenza adimensionale impone dunque che a qualsiasi corpo accelerato corrisponda una massa, che possiamo definire massa di appoggio, in movimento contrapposto tale che il centro di massa non venga spostato. La forza che accelera il corpo agisce allora tanto sul corpo che sulla massa di appoggio con azione inversamente proporzionale alle masse.

Vediamone conseguenze ed effetti particolari.

Nel caso che il corpo che si intende accelerare abbia la stessa massa della massa di appoggio, i due corpi si allontaneranno dal centro di massa con eguale velocità; la velocità massima che i due corpi potranno raggiungere rispetto allo spazio quantistico non potrà superare la metà della velocità della luce c, poiché la velocità con cui il corpo può allontanarsi dalla massa di appoggio non può superare c.

La ragione di questo comportamento, che può essere interpretato come una sorta di red-shift gravitazionale applicato alle masse, dipende dal fatto che un corpo accelerato, per allontanarsi dalla massa di appoggio, deve attraversare uno spazio in cui i valori di stato stratificati intorno a quest’ultima vengono trascinati in senso contrario per effetto del rinculo. La velocità assoluta dei due corpi in allontanamento é per ognuno di essi proporzionale all’incremento dei valori di stato generati dall’altro e quindi inversamente proporzionale alle masse.

Ne consegue che, affinché un corpo possa essere accelerato a velocità prossime a c, occorre che la massa di appoggio abbia valore talmente grande che la sua velocità di rinculo sia prossima a zero.

La regola che vieta di superare c ad un oggetto che si allontana dalla sua massa di appoggio ha validità assoluta ma soltanto nel caso ipotetico di due masse assolutamente svincolate da un qualsiasi rapporto gravitazionale con l’ambiente circostante noi potremmo con sicurezza identificare in una di esse la massa di appoggio. Nello spazio reale, ove non esiste sistema che non sia legato gravitazionalmente ad un sistema di ordine superiore, quando un oggetto é sottoposto ad una forza capace di imprimergli una velocità che lo porterebbe ad allontanarsi dalla massa cui é direttamente legato con velocità superiore a c, può diventare massa di appoggio il sistema di ordine superiore.

L’effetto che ne deriva dovrebbe portare ad osservare anche oggetti che si muovono con velocità superiore a c rispetto alla massa di appoggio apparente, il che é confermato dall’osservazione astronomica di alcuni oggetti atipici sedi di violentissimi fenomeni esplosivi. E’ però opportuno ribadire che ciò si deve a due diverse ragioni che possono agire sulla nostra osservazione sia separatamente che in combinazione. La prima di tali ragione è, come già accennato, dovuto soltanto all’erronea identificazione della massa di appoggio, la seconda, come vedremo tra poco, a sistemi che risultano già in movimento rispetto allo spazio quantistico con velocità pari a frazioni significative della velocità della luce.

Le differenze tra le masse gravitazionale ed inerziale, irrilevanti nelle condizioni che ci sono abituali, si evidenziano clamorosamente a velocità relativistiche.

Consideriamo per prima cosa la massa gravitazionale di una particella elementare. Essa non subisce alcuna variazione per effetto di accelerazioni a velocità relativistiche, almeno fino a che la differenza tra la velocità della luce c e la velocità assunta dalla particella rimane al disopra del valore del diametro dell’alone di massa.

Se la massa gravitazionale subisse l’aumento previsto dalle trasformazioni di Lorentz per la massa inerziale, avremmo una conseguenza cosmologica difficilmente conciliabile con le attuali teorie: l’enorme aumento di massa del materiale espulso dal big-bang a velocità pari o prossima a c ne avrebbe immediatamente fermata o fortemente ridotta l’espansione. Anche i sistemi galattici che noi osserviamo ai confini estremi dell’universo conosciuto e che paiono muoversi con velocità prossime a c non avrebbero alcuna possibilità di sopravvivere al collasso indotto dall’enorme aumento di massa dei loro componenti.

Vediamo allora quali variazioni subisce la massa gravitazionale per effetto relativistico. L’alone di massa é continuamente ricreato dall’energia in movimento che costituisce la particella sino a che questa si sposta attraverso lo spazio con velocità tale da consentirle di percorrere la distanza di spostamento più il raggio dell’alone di massa entro il limite c.

Superato questo rapporto tra velocità luminale e velocità della particella la massa gravitazionale diminuisce gradualmente fino ad un valore limite oltre il quale la massa della particella scompare trasformata in pura energia.

La formula per il calcolo della massa gravitazionale diventa pertanto, posto:

c = Velocità della luce;

Mg = Massa gravitazionale;

V = velocità della particella;

m0 = massa a riposo;

r = diametro dell’alone di massa;

f = diametro della particella senza il suo alone di massa (espresso come frazione di r).

I limiti entro i quali la massa gravitazionale passa dal valore normale al valore minimo assumibile saranno:

3)      image559.gif (1044 byte)  ;       image560.gif (1064 byte)

Entro tali limiti la massa gravitazionale diventa:

4)       image561.gif (1023 byte)image562.gif (988 byte) 

Per calcolare le variazioni della massa gravitazionale a velocità relativistiche ho fatto riferimento all’alone di massa di una particella elementare anziché ad un corpo qualsiasi poiché per un oggetto composto da una miriade di particelle e di sottosistemi tutti in movimento reciproco, la velocità V usata nella formula dovrebbe integrare anche le velocità rapportate allo spazio di tutti i componenti interni in movimento. Il calcolo diverrebbe di insormontabile difficoltà non solo per l’enorme quantità di parametri da considerare ma, se ciò non bastasse, anche per la necessità di considerare il rallentamento nei movimenti interni provocati dall’accelerazione del corpo (stiramento del tempo).

La massa inerziale ha invece un comportamento completamente diverso a velocità relativistiche incrementando il suo valore oltre tutto molto più rapidamente di quanto previsto dalle trasformazioni di Lorentz.

Abbiamo visto che l’equivalenza adimensionale impone una preciso rapporto tra la velocità limite di un corpo soggetto ad accelerazione, e la sua massa, con velocità di rinculo e massa del corpo considerato massa di appoggio; rapporto che si esprime con la proporzionalità inversa tra velocità e massa ed avendo come limite c per la somma delle velocità dei due corpi.

Ponendo allora:

Mir = Massa inerziale relativistica dell’oggetto accelerato;

Mi = Massa inerziale calcolata come nella 1);

V = Velocità dell’oggetto accelerato di massa Mir

Avremo:

5)       image563.gif (1560 byte)

e, per estensione dalla 1):

6)       image564.gif (1616 byte)

Il valore della massa inerziale derivato dalle formule 5) e 6) si applica però soltanto al caso in cui il sistema costituito da massa accelerata e massa di appoggio non sia già in movimento rispetto allo spazio quantistico con velocità di valore relativistico.

Se il sistema é già dotato di proprio movimento con velocità significativa V2, il valore della massa inerziale calcolato come sopra dovrà essere corretto per integrarne il contributo.

Nelle figure 16 A e 16 B sono riportati due casi:

fig16a16b99.jpg (19364 byte)

Nella Figura 16 A) il sistema si muove nello spazio con velocità V2 in direzione coerente, ma inclinata di un angolo q (minore od eguale a p /2), con la direzione verso la quale il corpo P si sposta con velocità V rispetto alla sua massa di appoggio. Lo spostamento effettivo del corpo P seguirà la risultante con velocità (V + Vm) rispetto allo spazio, velocità che non potrà avere valore superiore a c.

Vm rappresenta il contributo di V2 al movimento dell’oggetto P; la massa inerziale di P risulterà pertanto :

 

7)        image565.gif (1543 byte)

Derivando V + Vm = Vr, risolto rispetto all’angolo:

image566.gif (1142 byte) ,

da:

8)          image567.gif (1340 byte)

Nella Figura 16 B) la direzione di spostamento del sistema non é coerente con quella di P essendo inclinata rispetto a questa di un angolo q di valore compreso p /2 e p .

Lo spostamento effettivo di P avverrà lungo la risultante con velocità non superiore a avverrà lungo la risultante con velocità non superiore a c rispetto allo spazio ma la velocità V di spostamento di P rispetto alla massa di appoggio M2 potrà risultare superiore a c con limite superiore uguale a 2c. Le formule 6), 7) e 8) conservano la loro validità ma la massa di appoggio Mg da considerare nella 6) sarà quella del sistema gravitazionale di ordine superiore. La formula per il calcolo di V sarà :

9)         image568.gif (1363 byte) 

dove:

 image569.gif (1863 byte)

La fig. 17 mostra la curva di accrescimento della massa inerziale a velocità relativistiche secondo la trasformata di Lorentz mentre la fig. 18 mostra l’andamento della curva di accrescimento nello spazio quantistico derivata dalla applicazione dei concetti sopra espressi.

fig17_18ter.jpg (20049 byte)

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GLI EFFETTI SORPRENDENTI DELLA RELAZIONE:

L’EQUIVALENZA ADIMENSIONALE e L’AZIONE A DISTANZA SPETTRALE

(All’INDICE)     

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Nella figura 7 A sono raffigurati due oggetti, supposti legati tra di loro in un sistema, di cui uno più piccolo costituito da una sola particella convenzionale mentre l’oggetto di maggiori dimensioni è costituito da più particelle. L’influenza che ciascuno di questi oggetti esercita sull’altro, determinandone i valori di stato tanto interni che esterni, ha valore complessivo assolutamente identico poiché ogni particella esercita la sua azione in valore costante su tutte le altre particelle che si trovano ad identica distanza, indipendentemente dal loro numero.

Nell’equazione sotto riportata si evidenzia l’equivalenza tra la somma delle influenze esercitate dalla particella p nei confronti delle particelle p(1÷ n) e la somma delle influenze esercitate da queste ultime sulla particella p.

 image581.gif (1013 byte)               image579.gif (1072 byte)     

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L’equazione che segue, dipendente dalla precedente, rappresenta invece l’effetto che, in omaggio alla definizione attribuita ad Einstein, é stato definito "Azione a distanza spettrale". Questo effetto, conseguente alla Relazione, (vedere la fig. 7 B) riguarda il comportamento correlato di particelle tra le quali non é possibile alcuna comunicazione a velocità luminale ma che tuttavia mostrano un legame capace di sintonizzarne l’azione qualunque sia la distanza che le separa. Queste particelle correlate, nate come sistema, continuano a farne parte indipendentemente dalle dimensioni che questo viene ad assumere. L’oggetto "fantasma" che serve da appoggio ad entrambe le particelle può anche essere l’intero universo.

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L’INVARIANZA DI SCALA

Un’altra conseguenza della Relazione è l’invarianza di scala della geometria dello spazio, determinata, come si è visto, dalla distribuzione volumetrica dei livelli di stato.

Nel capitolo dedicato alla Relazione si è già accennato alla tendenza a conservare a qualunque distanza la forma indotta dalla presenza di agglomerazioni di masse, cariche, particelle; la figura 8 mostra come questa tendenza si manifesta a distanze crescenti.

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Ma l’aspetto più singolare dell’invarianza di scala è rappresentata dal fatto che qualsiasi volume di spazio si consideri, quale che sia la sua dimensione, mostra una distribuzione geometrica che riconduce esattamente alla distribuzione "massiva" dell’intero universo vista dal suo centro.

Vediamo di meglio chiarire meglio questa sorprendente caratteristica.

Consideriamo un determinato volume di spazio, per comodità sferico, non importa di quale dimensione e supponiamo di poter misurare il livello di stato dei quanti che lo costituiscono. Naturalmente la misurazione del livello di stato (che siamo in grado di calcolare se riferita a masse, cariche o campi separatamente mentre non abbiamo ancora alcuna idea sull’unità di misura da adottare per tener conto di tutte le influenze che determinano il livello di stato) è al momento assolutamente fuori della nostra portata ma in un esperimento concettuale nulla vieta di considerarla possibile.

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I livelli di stato Vs1 e Vs2, determinati da una massa, misurati nei punti P1 e P2 (ved. fig. 7 C), all’intersezione di un diametro con la superfice della sfera, ci consentono di calcolare, conosciuto il raggio R della sfera, distanza d e massa M(o carica) del corpo, situato sul prolungamento del diametro, che li ha determinati.

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Se ora immaginiamo di ingrandire, o rimpicciolire, il volume sferico da noi considerato sino ad un raggio Rb (mantenendo ovviamente fisso il suo centro) il calcolo derivato dai livelli di stato Vs1b e Vs2b misurati nei punti P1b e P2b, intersezione del diametro con la superfice della nuova sfera, fornirà per d ed M gli stessi valori a qualsiasi rapporto di scala.

Il calcolo proposto ha il solo scopo di evidenziare la proprietà dell’invarianza di scala e le modalità con cui si attua; nella realtà la distribuzione dei livelli di stato all’interno di un qualsiasi volume risulta così complessa ed articolata che al momento è assolutamente impensabile poterne estrarre le informazioni che contiene. Per ora dobbiamo accontentarci di sapere che queste informazioni ci sono e sperare che in un futuro non troppo lontano sia possibile decifrarle almeno parzialmente.

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CONCLUSIONI

(All’INDICE)    

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Nel proporre le mie idee ho insistito sul fatto che esse non sostituiscono le teorie correnti né impongono variazioni alle leggi fisiche che ne discendono: viene allora spontaneo domandarsi a che cosa possano servire.

Lo scopo che mi ero inizialmente proposto nell'elaborarle era quello di coordinare teorie e leggi fisiche attorno ad un modello astratto che consentisse una impostazione interpretativa più aderente alle modalità operative della nostra intelligenza adeguandone i concetti .

Anche se le mie idee rappresentassero soltanto un espediente per tradurre in termini più facilmente comprensibili concetti ostici e leggi che contrastano in modo stridente con la nostra logica, lo scopo iniziale sarebbe stato raggiunto.

Ma la costante concordanza di ogni indizio esaminato al modello proposto ed alla conseguente reinterpretazione delle leggi fisiche, il fatto che nessun fenomeno osservato od anche semplicemente ipotizzato sulla base delle attuali conoscenze risulti incompatibile con le teorie che ne discendono, attribuiscono ad esse un buon numero di probabilità perché rappresentino, oltre il semplice espediente interpretativo, la descrizione della realtà nella quale siamo immersi.

Il modello perde così il suo carattere astratto per divenire reale e concreto.

Potendo inoltre rappresentare un utile raccordo interdisciplinare, queste teorie potranno allora essere accettate, in prima istanza ed in attesa di verifica, come modello strutturale globale del nostro universo, in assenza di un analogo modello onnicomprensivo. Chi non le ritenesse accettabili nemmeno in questa forma provvisoria potrebbe trovarsi nella scomoda posizione di dover proporre un modello alternativo altrettanto funzionale.

Da teorie di questo genere derivano però tali e tante implicazioni che, imponendo una profonda revisione culturale non solo in campo puramente scientifico, potranno probabilmente richiedere tempi lunghi per la loro completa accettazione ritardandone applicazione e sviluppo.

Se però le mie idee non modificano la fisica del presente che mantiene la sua validità, altro discorso vale per il futuro della ricerca che dal loro sviluppo potrebbe derivare metodi orientamenti e prospettive di grandissimo interesse consentendo la definizione dei traguardi da raggiungere con maggiore approssimazione.

Lo sviluppo di queste teorie, la determinazione dei parametri che ne descrivono le funzioni, la loro trattazione matematica, la sperimentazione che si renderà necessaria, rappresentano però nel loro insieme una operazione di grandissimo impegno cui andranno convogliate grandi risorse in termini di capacità umane, di organizzazione, di sviluppo tecnologico, e con un conseguente impegno economico notevolissimo.

Vediamo quale potrebbe essere un possibile percorso per la verifica e lo sviluppo di queste idee e quali le difficoltà da superare.

Le verifiche sperimentali cui ho accennato quali le modalità di transizione delle variazioni di campo, la ricerca delle onde gravitazionali e delle leggi della loro diffusione con esperimenti di laboratorio, le esperienze condotte nei grandi acceleratori di particelle osservando collisioni che avvengono in presenza di livelli di stato incrementati, non ostante le difficoltà di realizzazione sono tuttavia alla portata della nostra tecnologia e potranno fornire le prime indicazioni a conferma delle teorie dello spazio quantistico.

Altri esperimenti importanti riguardano:

Sempre sul piano sperimentale, la ripetizione di esperienze classiche con modalità che consentano di osservare le influenze che possono essere indotte da particolari configurazioni spaziali, oltre a fornire dati statistici più accurati, potrà essere di aiuto per determinare le direzioni da privilegiare nel prosieguo dell’indagine.

Ma la chiave di volta per lo sviluppo e l’utilizzazione di queste teorie sarà la trattazione matematica della geometria dello spazio determinata dalle interazioni con l’energia.

A questo proposito é disarmante dover constatare che al momento attuale non disponiamo né della matematica né degli strumenti di calcolo adatti allo scopo e che sarà necessario un lavoro imponente per dotarsi dell’una e degli altri.

Quali le ragioni di una tale pessimistica osservazione?

Lo spazio quantistico, come abbiamo visto, é rigorosamente tridimensionale ma la trattazione della sua geometria richiede l’introduzione di una quarta dimensione spaziale oltre alle tre dimensioni cartesiane (lunghezza, larghezza, altezza): la profondità.

Gli "oggetti" che la geometria dello spazio quantistico deve descrivere non sono infatti superfici o volumi omogenei bensì volumi non omogenei di cui è necessario conoscere e rappresentare la condizione di ogni punto o quanto al suo interno. Inoltre la geometria dello spazio quantistico è dinamica, variando con continuità in funzione della posizione reciproca delle quantità discrete di energia (particelle) che si muovono al suo interno. Se poi ancora non bastasse si consideri che un qualsiasi oggetto tridimensionale possiede due tipi di superficie esterna: una dimensione fisica "visibile" determinata dalla distribuzione degli atomi che lo compongono, ed una seconda superficie determinata dai punti di equilibrio con gli oggetti che lo circondano.

A questo punto compare la necessità di considerare una ulteriore dimensione: il tempo. Le particelle, o l’energia che le costituisce, si muovono con velocità finita seguendo i tracciati determinati dalle configurazioni dei livelli di stato mentre i livelli di stato oscillano sincronicamente alla posizione reciproca delle particelle; da questo duplice comportamento ne discende che la geometria dello spazio deve essere trattata congiuntamente tanto sul piano atemporale che temporale.

Neppure le unità di misura che noi utilizziamo risultano razionali per una trattazione dello spazio quantistico poiché, basate su parametri geocentrici (e antropocentrici), impongono l’uso continuo di coefficienti approssimati per correlare le entità fenomenali tra di loro e su scala universale. Un sistema basato sulle unità proprie dello spazio quantistico come la velocità della luce espressa con unità di misura di distanza e di tempo quantistici (vedere capitolo dedicato allo spazio-tempo nello spazio quantistico) potrebbe semplificare enormemente tutti i nostri calcoli evitando approssimazioni fuorvianti.

Anche gli strumenti di calcolo attuali, non ostante le loro enormi potenzialità, non sono molto adatti alle necessità che derivano dalle condizioni operative di cui ho appena parlato perché strutturati per operare prevalentemente in modo sequenziale. La natura dei problemi da trattare richiede invece l’esecuzione in parallelo, ed in correlazione atemporale continua, di enormi quantità di operazioni.

Se pur di non facile soluzione, la realizzazione di strumenti di calcolo adatti alla trattazione della geometria dello spazio quantistico non é fuori portata della nostra tecnologia: l’integrazione su grande scala di un elevato numero di processori paralleli connessi a bus in modo da consentire l’afflusso contemporaneo dei dati, con connessioni di lunghezza rigorosamente eguale, e con gli opportuni adattamenti del software permetterebbero di neutralizzare le distorsioni introdotte dai ritardi temporali consentendo calcoli in emulazione di tempo reale effettivo.

Le simulazioni al computer potranno fornire un valido aiuto tanto sul piano dello sviluppo delle procedure matematiche quanto sul piano della rappresentazione della geometria spaziale; ma anche in questo settore la nostra inventiva sarà messa a dura prova dalla necessità di realizzare strumenti capaci di restituzione di immagine tridimensionale reale o, ancora meglio, con le quattro dimensioni spaziali necessarie per descrivere lo spazio quantistico.

Anche la geometria frattale potrà rappresentare un formidabile strumento di rappresentazione e di supporto alle simulazioni. La sua piena efficacia sarà però raggiunta solo quando potrà, in combinazione con gli elaboratori operanti in emulazione di tempo reale effettivo, operare in proiezione olografica per una completa restituzione tridimensionale e dinamica.

Il modello di universo che ho descritto si rivela ad un tempo estremamente semplice perché costituito da due soli elementi, spazio quantistico ed energia, e straordinariamente più complesso di quanto avessimo mai supposto per la sua geometria articolata e dinamica, per la sua struttura a sistemi ordinati su scale gerarchiche, per la sua organizzazione assoluta e perfetta scritta negli stessi quanti di spazio che ne racchiudono i sistemi e per l’interazione costante e paritetica a livello universale tra tutti i suoi componenti, dal più piccolo al più grande.

A questo modello manca ancora un particolare importante perché possa considerarsi completo: una ipotesi capace di descrivere la natura quantomeccanica dell'energia in accordo con quanto osservato delle sue interazioni con lo spazio quantistico. Una possibile via da battere su questa strada potrebbe essere quella di sviluppare la teoria dei preoni e dalla loro dinamica, ma se non mi sarà possibile formulare una teoria capace di descrivere la natura dell’energia ci sarà certamente chi raccoglierà la sfida per completare il quadro da me iniziato.

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Paradossalmente, la complessità dell’universo, che da queste teorie esce accresciuta esponenzialmente anche rispetto a quanto già mostrato da relatività e meccanica quantistica, anziché renderne più ostica la comprensione opera nella direzione opposta per farlo ridiventare più famigliare e compatibile con la nostra logica; un esame più attento permette di notare che la maggior complessità rende conto di quegli elementi che mancavano alle nostre osservazioni per renderle complete e coerenti quanto esige la nostra logica deterministica.

Il che sembra confermare la mia antropica convinzione che il tipo di logica sviluppata in modo naturale ed in accordo alla sua struttura dal nostro cervello, parte dell’universo, non avrebbe avuto alcuna possibilità di organizzarsi in modo difforme dalla logica universale e con questa difficile da conciliare.

(Torna all’INDICE)  

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NOTE:

1) Natura ed origine della massa, dell’energia, delle cariche, dei campi, distribuzione e modalità di diffusione dei campi, ecc.(Torna al Testo)

2) Potrebbe essere paradossale se si pensa che qualsiasi interscambio di energia é attribuito all’intervento di bosoni intermedi mentre poco o nulla é previsto per modulare l’azione totalmente invasiva dei campi. (Torna al Testo)

3) La traduzione italiana dell’espressione, che non riflette l’esatto significato della terminologia inglese, potrebbe essere "attori ospiti coprotagonisti" con ruolo, di conseguenza, parzialmente subalterno. (Torna al Testo)

4) Il criterio di relatività si impone anche in questo caso.(Torna al Testo)

5) Vi sono rilevanti probabilità che in futuro, sapendo cosa cercare, sia le rilevazioni sperimentali che i calcoli matematici potranno evidenziare meglio le caratteristiche comportamentali delle particelle materiali nello spazio quantistico. (Torna al Testo)

6) Il dubbio che la particella priva di struttura interna possa risultare dalla interazione dell’energia con un grumo di quanti anziché con un solo quanto di spazio è suggerito dai decadimenti del Muone e del Tau. Si tratta tuttavia di una ipotesi che, pur non essendo confermata da alcun altro indizio, è bene non escludere a piori. (Torna al Testo)

7) La validità di questi concetti potrebbe essere verificata mantenendo per tempi più lunghi "pressioni" elevate nello spazio occupato dalla particella a mezzo di laser concentrati su di essa per prolungare, con un bombardamento fotonico, il livello di stato conseguente all’urto. Un altro tipo di esperimento che potrebbe dare indicazioni significative potrebbe consistere nel far convergere su un punto fasci di particelle accelerate provenienti da direzioni diverse con distribuzione a simmetria sferica anziché verificare soltanto gli effetti di urti frontali come negli attuali acceleratori lineari. (Torna al Testo)

8) Vedere lavori sui sistemi complessi di Ilya Prigogine e le idee di Henri Laborit sui livelli di organizzazione, un diverso modo di descrivere quelle che io chiamo gerarchie di sistemi complessi.(Torna al Testo)

9) Vedere la recente proposta di Hooft per la costruzione di modelli basati su celle "informatiche" composte da elementi in completo rapporto causale per determinare le relazioni all’interno dei sistemi complessi.(Torna al Testo)

10) Vedere fig. 5 che schematizza l’incrocio delle sfere concentriche a livello di stato uniforme intorno alle concentrazioni di carica o di energia. (Torna al Testo)

11) La quantità discreta di energia potrebbe essere tale soltanto perché ha valore discreto la quantità che può deve assunta dal quanto di spazio per divenire particella osservabile.(Torna al Testo)

12) La forza elettromagnetica, presentandosi nella forma positiva e negativa, può agire soltanto sino a quando le differenze di carica e polarità tra i sistemi od al loro interno mantengono un valore capace di modulare significativamente lo spazio nei loro dintorni. Quando le distanze tra i sistemi divengono tali che l’azione delle cariche sui livelli di stato si compensa o la loro somma algebrica diviene inferiore al livello gravitazionale, la forza elettromagnetica cessa ovviamente il suo effetto.(Torna al Testo)

13) L’idea della relazione è già stata intuita e proposta in vari modi anche se poi non è stata completamente integrata nelle teorie scientifiche. Possiamo ricordare, a questo proposito, l’azione a distanza spettrale proposta da Einstein, la propagazione istantanea della forza gravitazionale proposta da Newton o la "non località" ipotizzata da Penrose. Recenti esperimenti che mostrano comportamenti correlati tra i fotoni emessi da una sorgente in direzioni opposte possono poi fornire una provvisoria conferma sperimentale della relazione. (Torna al Testo)

14) Il diverso destino di due sistemi eguali é attribuito a cause esterne o a difetti intrinseci che inglobano e mascherano le cause dovute alla diversa collocazione spaziale. (Torna al Testo)

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