Ho
cercato di darvi una panoramica sintetica di quanto si sta facendo per cercare
di carpire i segreti più profondi che legano l’universo e la vita
e
dei tentativi per trovare pianeti abitabili,
ma le ricerche si pongono anche l’obbiettivo di verificare l’eventuale
diffusione di civiltà aliene evolute almeno quanto la nostra. Per riuscire in
questo intento è necessario conoscere le condizioni in cui si possono
sviluppare organismi dotati di intelligenza superiore e le modalità richieste
dalla loro evoluzione.
Dobbiamo allora cercare di rispondere ad una domanda cruciale che nessuno, fino ad ora, mi risulta si sia posta, almeno per quanto attiene ai possibili collegamenti con questo campo della ricerca scientifica.
La domanda, articolata su più livelli, è: CHE COSA E’ L’INTELLIGENZA ?, COME NASCE ?, COME EVOLVE ?
Se noi considerassimo l’intelligenza solo dal punto di vista antropico, al quale appare altamente sofisticata e complessa, non avremmo alcuna possibilità di trovare le connessioni che la legano all’organismo vivente perché queste risultano mascherate da una serie di sovrapposizioni intellettuali della cui origine si è persa ogni traccia. E purtroppo non abbiamo reperti fossili che possano venire direttamente in soccorso alla nostra indagine.
Per rispondere alla domanda occorre andare alla radice del problema e tentarne la risoluzione per gradi.
Assodato che il primo passo è rappresentato dalla nascita degli organismi viventi in quale stadio della loro evoluzione compare una forma primordiale di intelligenza ?
Quale funzione biologica che ne motivi l’origine deve assolvere l’intelligenza ?
La
risposta a questi due ultimi interrogativi non può essere che sorprendentemente
univoca anche se a prima vista può apparire paradossale.
L’intelligenza è la capacità dell’organismo vivente di rapportarsi con l’ambiente e nasce contemporaneamente all’organismo che, se fosse privo di questa capacità, non avrebbe alcuna possibilità di sopravvivere.
Un organismo, unicellulare o complesso, deve nutrirsi per produrre l’energia che gli serve per vivere e per riprodursi, deve muoversi nella direzione in cui più favorevoli appaiono le condizioni ambientali e deve poter reagire, ovviamente entro certi limiti, quando queste ne minacciano l’esistenza.
Certamente non si tratta della capacità di operare delle scelte come noi la intendiamo quanto, più propriamente, della possibilità di effettuare un lavoro di filtraggio, in ingresso ed in uscita dalla cellula, considerato che qualunque comunicazione con l’ambiente esterno è mediato dallo scambio di elementi chimici o di ioni. A questa operazione può provvedere egregiamente proprio la membrana di cui abbiamo già parlato. Allo scambio chimico si aggiunge poi la sensibilità alle condizioni dell’ambiente esterno quali temperatura, campi elettrici, campi magnetici, onde elettromagnetiche, radiazioni ionizzanti, con un conseguente scambio diretto di energia.
Nel complesso l’"intelligenza" del microrganismo ha carattere in prevalenza passivo che evolve però gradualmente verso un carattere più attivo già a partire dalla formazione di colonie batteriche
Al crescere della complessità degli organismi viventi con
il passaggio da monocellulari (procarioti comparsi oltre 3 miliardi e mezzo di
anni fa ed eucarioti comparsi circa 1 miliardo e 400 milioni di anni fa) a
pluricellulari, che forse proprio le colonie batteriche hanno contribuito a
generare tra 600 e 700 milioni di anni fa, cresce anche il carattere attivo
dell’”intelligenza”per adattarsi alle accresciute esigenze
dell’organismo.
Procarioti ed Eucarioti
Questa interpretazione dell’intelligenza consente di seguirne la crescita congiuntamente alla evoluzione biologica. Nell’organismo complesso la cellula scambia "informazioni", nelle forme prima ricordate, con le altre cellule ad essa legate e con queste coordina le sue funzioni e la comunicazione con l’ambiente esterno.
La complessità delle interazioni tra le cellule, con l’organismo nel suo insieme e con l’ambiente esterno cresce esponenzialmente al crescere della complessità organica.
Le cellule si specializzano aggregandosi nella formazione degli organi interni ed organizzandosi in strutture gerarchiche; si forma un organo, il cervello, deputato al coordinamento di tutte le attività interne ed esterne.
Gli studi condotti dal cileno Francisco Varela, ricercatore dell’università di Harward, introducono il concetto di autopoiesi che attribuisce ai sistemi biologici la proprietà di autoprodursi, autodeterminarsi e autoregolarsi a compensazione delle variazioni prodotte dall’ambiente mentre le strutture nervose acquistano la capacità di sincronizzarsi entro frazioni di secondo per acquisire gli impulsi provenienti dall’interno o dall’esterno dell’organismo e determinare l’idonea risposta.
Il
cervello mostra sin dalla sua più elementare forma embrionale di possedere le
caratteristiche fondamentali riconoscibili nelle forme più evolute.
Controlla e coordina l’attività degli organi, che a loro volta, nel rispetto dell’ordine gerarchico cui ho precedentemente accennato, regolano l’attività delle cellule e registra, utilizzando la plasticità delle cellule nervose di cui modifica stato e connessioni, gli eventi esterni e gli impulsi interni, (funzione di memoria).
La disponibilità di un “archivio” di memoria avvia, ad un primo livello, il processo dell’istinto, cioè la capacità di organizzare in modo automatico i segnali nervosi inviati all’organismo in funzione degli eventi confrontandone la sequenza con sequenze precedentemente memorizzate e dosando la reazione nel modo dimostratosi più premiante. La memoria degli eventi rilevati direttamente dall’organismo integra ed amplia la memoria genetica in un iperbolico continuo crescendo della funzione intellettiva.
Ai
livelli superiori l’istinto evolve verso la capacità di valutare e
comprendere singolarmente gli eventi, ordinando le loro priorità non solo
secondo sequenze già sperimentate ma dosando la reazione anche in funzione
della loro prevista evoluzione futura.
Ad
una analisi attenta, appare evidente che qualsiasi azione è in ogni caso, ed in
qualunque stadio di evoluzione dell’intelligenza, diretta alla ricerca del
miglior rapporto, reale od immaginario, immediato o proiettato nel futuro, con
l’ambiente.
Mi rendo conto che non è facile riconoscere l’origine di una intelligenza evoluta come la nostra, o come quelle che ci auguriamo di trovare in mondi alieni, negli avvicendamenti che interessano l’evoluzione biologica ma se per un momento sgombriamo il campo dalla sofisticata architettura culturale che modella l’umana intelligenza non rimangono molte alternative per motivarne l’origine.
L’"intelligenza" posseduta da una cellula può anche sembrare poca cosa ma se la moltiplichiamo per i centomila miliardi di cellule del nostro corpo, o per i cento miliardi di cellule del nostro cervello (con il milione di miliardi delle sue possibili connessioni) risulta più facile capire come i livelli di complessità della mente siano sicuramente raggiungibili, e superabili, assemblando elementi apparentemente, ma solo apparentemente, semplici.
L’ipotesi sull’origine e l’evoluzione dell’intelligenza intesa come fondamentale funzione biologica, lungi dal ridurne la natura a mero fenomeno biochimico, ne estende l’azione ai livelli inconscio e subconscio aumentandone la portata almeno di tre ordini di grandezza, pari ad un fattore 1000. L’Uomo ha poi esteso la funzione biologica, integrando le rilevazioni ambientali con le elaborazioni del suo pensiero attraverso un processo di esaptazione, nello straordinario strumento che ha consentito la creazione della civiltà.